lunedì 3 agosto 2015

Il peso, talvolta insopportabile, dell'esistenza.

Nelle campagne vicino ad Andria, in Puglia, una bracciante di quarantanove anni, nota solo con il suo nome di Paola, è morta per non aver retto il calore di un incessante lavoro nei campi, subordinato ai tempi di raccolta ed incurante delle assassine condizioni atmosferiche. Levata alle due, trasporto con pulmini e lavoro incessante fin al primo pomeriggio inoltrato. Poi il ritorno alla base, in attesa dell'indomani. Così si muore ancor oggi in Italia e, in particolare, nell'Italia del sud, dove i proprietari dimostrano continuamente una feudale insensibilità verso le braccia, numerose e sostituibili. Una vicenda del sud povero, nel quale però l'azienda viti-vinicola per la quale lavorava Paola, fatturava dodici milioni di euro all'anno, una vicenda di un sud nel quale i padroni stanno in panciolle ad osservare la fatica condotta fino allo sfinimento delle maestranze bisognose. Un sud dove non ci si risparmia per paura di perdere anche uno schifo di lavoro come quello per il quale è morta Paola e dove, se di aspetto avvenente o almeno passabile, è obbligo di giacere con il padrone e con i suoi rampolli, sempre a scopo di sopravvivenza, fino a che la natura non ci pone rimedio. Un sud obiettore all'aborto, tranne che nei nosocomi prossimi alle colture condotte a mano, come un tempo. Paola è morta alla metà di Luglio, durante l'ondata di calore, il medico legale non ha ritenuto necessaria un'autopsia, l'inumazione è stata immediata e se non fosse stato per alcune testimonianze delle compagne di lavoro, trapelate con ritardo, di questa tradizionale ed attuale vicenda non si sarebbe saputo nulla. Questo non restituirà alla sua vita Paola, morta in ragione del peso di sostenibilità della medesima.

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