lunedì 23 febbraio 2015

L'indifferenza che rende irreparabile il danno.

La bambina di Torino che, per sette mesi, a scuola e nelle adiacenze del cortile di casa, è stata violentata da alcuni coetanei, due dei quali neppur imputabili per la legge italiana e le cui foto, estorte durante le violenze, sono state messe in rete per ricattarla, dovrà continuare a vivere nel quartiere nel quale si sono svolti i fatti, perché la sua modesta famiglia ha da poco sottoscritto un mutuo per la casa ed ha legato inavvertitamente il proprio debito alla tragica condizione esistenziale della figlioletta che è stata negata nella sua personalità. La mamma accusa: anni di abusi vantati e le fotografie spedite ai vicini e al "giro" degli stupratori; molte famiglie sapevano tranne la nostra. La bimba non esce più di casa per un'assurda vergogna che affonda i suoi prodromi in archetipi che la cultura superficiale dei consumi aveva rimosso solo per i precocissimi violentatori. La durata degli abusi, che è un'aggravante, le tardive - per l'inibizione e il terrore - rimostranze nei confronti dei torturatori, di una tortura che non finiva più, per il ripiegamento interiore che solo il ripetersi dei fatti ha consentito, per una volta, di superare, saranno addotti dagli avvocati dei genitori dei sadici ragazzini per coinvolgere la vittima, stemperare le responsabilità. La piccina, all'inizio e per qualche volta, si era appartata con i primi a proporsi per la reciproca titillazione, ma poi, da uno..due, sono diventati quindici, tutti insieme e, a quanto pare, incapaci di differenziazione fornicatrice, cioè di trovarsene, per se, un'altra, cambiando spaventosamente il contesto. La medesima omertà ambientale non aiuterà i genitori della bambina a sostenere che erano davvero all'oscuro di tutto e, se provato, non li esimerà dall'omessa vigilanza. Sul piano archetipico e culturale, la vittima ( simbolo a sua volta ) sarà imputata di averli attratti, uno dopo l'altro con i suoi primi feromoni, rendendosi colpevole di una democratica elargizione del frutto della conoscenza. Certamente, la personalità dell'essere violato dalla copiosa convergenza sarà deformata, mentre quella degli stupratori, trasformatisi nel loro approccio in una banda, potrà compiacersi, incontrandola, del piacere estorto e dell'umiliazione inflitta. Proprio per questo, la condanna dovrebbe essere semplice e conseguente e tale da consegnare i colpevoli, ancorché giovanissimi, alla giusta punizione ed allo stigma sociale per l'azione premeditatamente e proditoriamente perpetrata, in modo da sottrarre la loro vicinanza alla vittima negli anni del suo difficile recupero e della sua formazione verso l'età adulta. Invece, la giurisprudenza italiana sarà come sempre molle e "complice" culturalmente della forza, anche di quella bruta e di quella ambientale. Almeno - ma sarebbe poco - sancisse la responsabilità "per omessa sorveglianza" delle famiglie degli aggressori ( che faranno di tutto, anche per ragioni "pelose" per salvaguardare i loro rampolli delinquenti ) e le condannasse ad un risarcimento importante nei confronti della piccola, la cui vita, in queste condizioni, sarà irreparabilmente mutilata. Almeno le strutture comunali si adoperassero per accompagnare l'evoluzione della bambina e assicurarle la costosa terapia psicologica di cui certamente necessiterà, il rispetto ambientale e la restituzione alla vita adulta, una volta sconfitti i fantasmi che hanno tormentato la sua infanzia e che, altrimenti, crescerebbero con lei. Perché tutto questo possa avvenire, sarebbero necessarie poche condizioni: che l'indennizzo economico fosse volto esclusivamente alle cure, di qualunque genere, necessarie alla bambina e non scivolassero nelle tasche dei genitori, per se o per eventuali fratelli, che la cultura ambientale - che si è già appalesata attraverso l'omertà - fosse minimamente solidale, che la vittima, anziché essere viziata e iperprotetta, venisse affiancata e poi affrancata nelle consuetudini e nelle frequentazioni sociali e soprattutto amicali, resa consapevole e sicura. Ma l'ambiente, il contesto non sembra attrezzato per tutto questo e la stessa possibilità di analisi e comprensione sarebbe contraddetta dal bagaglio di pregiudizi ed incultura propri, della propria famiglia e di quella degli altri. Un tentativo, in questo senso, in itinere, si scontrerebbe con ogni sorta di inadeguatezza , riserva, calcolo egoistico, invidia e facile elemento di prevalenza dialettica, alterando ad ogni passo la spontaneità dell'espressione e la sicurezza nelle proprie manifestazioni. In fondo, l'abuso affonda le sue radici nelle latebre dell'animalità dell'uomo e le sovrapposizioni culturali ed etiche sono servite all'ordine sociale ed alla creazione del disagio della civiltà, volto, per contrasto, a nocumento di chi viene danneggiato da un potere soverchiante e, in questo come in altri casi di diversa natura, affluente, per quegli stessi principi che avrebbero dovuto tutelarlo e la cui artefatta natura è evidente, solo nel dolore della loro contraddizione, nelle anime più immature e indifese e, per ciò stesso, fiduciose che l'indifferenza restituisce alla loro solitudine.

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