lunedì 23 febbraio 2015

Fregole bugiarde.

Il job's act rende, in prospettiva, l'immagine di una nazione restituita al censo, mentre l'imprenditoria è in esodo, un Paese, cioè, alla periferia della finanza, nella quale, il lavoro e tutta l'imprenditoria mediana sono stati abbandonati ai debiti ed in cui l'appropriazione dei beni accumulati o semplicemente risparmiati costituirà, nel breve, la base delle possibili fortune delle banche creditrici. L'ottica è miope, contingente e abbandona al loro destino degradato le ex classi lavoratrici non più richieste e che non ricercano più un lavoro a queste condizioni di dileggio. L'unica strada è, ancora una volta, l'emigrazione specializzata, mentre, per il lavoro generico, si tratterà esclusivamente di sopravvivenza. La paralisi sociologica riguarda tutto il continente, gli ultimi entrati arrancheranno nelle retrovie, senza riuscire ad affrancarsi da quel bisogno che li renderà schiavi o devianti in significativi aspetti della vita della classi subalterne, un business di cui l'istituzione pubblica non si occuperà, tranne che per specularci a sua volta o in occasione di sporadiche repressioni. Le decisioni vengono prese ed imposte, senza tenere nel minimo conto il lavoro delle commissioni parlamentari, il parere delle minoranze, da un nucleo di nominati al potere, che restano coesi solo in virtù del potere stesso, mentre chi lo ha perso si frantuma nel rancore e nella transumanza e la minoranza interna, oltre ad avere conti cifrati in Svizzera, rappresenta una testimonianza di un'ipotesi che non ha mai trovato compiuta realizzazione, ma che ha almeno dato luogo a importanti riequilibri del rapporto fra capitale e lavoro, conferendo, con lo Statuto dei diritti dei lavoratori, ai medesimi una dignità che sarà di nuovo negata in nome di un interesse spicciolo e che produrrà - se lo produrrà - solo un monco tentativo di rilancio imprenditoriale nelle Yogurterie, piadinerie e nei piccoli traffici potenzialmente in grado di mitigare o trasferire ad altri, numerosi altri in corso d'opera, la fatica altrimenti richiesta. Il job's act rappresenta un vulnus macroscopico ad una Costituzione, mai riformata, ma lasciata decadere per desuetudine e difesa solo da prestigiose ma museali personalità del diritto, mentre non convincono i propositi della CGIL di promuovere una raccolta di firme per la formulazione di un "nuovo" Statuto per i lavoratori. Perché nuovo? Quello in essere è un classico e una sua riforma ne sarebbe certamente una riduzione. Leggetelo: non contiene niente che non consideriate già, soggettivamente, una vostra facoltà naturale ed intrinseca e la CGIL, per non parlare degli altri sindacati, ha contribuito a creare questo sfacelo, attraverso una venticinquennale politica di collateralismo e supplenza del potere politico. Oggi, con la foglia di fico del "consenso" popolare firmaiolo, vorrebbe mettere il cappello sopra la poca residua materia spappolata del lavoro e riavvicinarsi ad un'area di "codeterminazione". E' stata proprio l'impropria investitura, a sinistra, delle esigenze della destra che ci ha portato ad accantonare quelle proprie del lavoro ed a produrre quel mostriciattolo di Matteo Renzie. Non esiste altra funzione, per la sinistra, che l'opposizione sistematica a governi conservatori, che in queste circostanze non possono diventare che reazionari, senza prendersi loro la briga di gabbare i propri ex elettori, dato che hanno smeso di votare. Solo costituendo un argine alla speculazione sulle persone, può contribuire a salvaguardarle ed a coinvolgerle in un progetto che procuri loro ruolo e influenza, almeno nelle periferie, ora desolate e vuote.

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