venerdì 2 dicembre 2016

L'imbuto della vita.

A volte mi sovviene ancora di meravigliarmi, di non capire, la meraviglia piaggeresca di tante mediocri figure e di chiedermi come si possa dubitare della forgiabilità di qualsiasi testa vuota. Se poi mi risovvengo le rare volte in cui mi è capitato e le associo alle situazioni, mi rendo conto del servilismo conformistico che le caratterizza. Si tratta sempre, infatti, di spettegolanti, formati/e alle convenzionalità d'apparato ed alla morale ambientale. Poi mi stupisco di nuovo dell'assuefazione ripetitiva della gerarchia dalla quale l'hanno appresa. I genitori che continuano a turare le falle nei bilanci dei figli, sia che si tratti di ricchi, sia che si tratti di poveri, non si contano. Il frutto di vite lacunose e mal impostate, anche quelle dei ricchi deresponsabilizzati e viziati, sembra dover necessariamente ripercorrere le tracce su di un tratturo sempre uguale, ignari dell'esperienza genitoriale, evidentemente all'insegna dell'accomodamento rassegnato e sospiroso. Così, sulla base di una presunta "non necessità" dei più o meno canuti genitori, continuano a sfruttarli, incrementando il saccheggio delle loro risorse previdenziali, per fini di confortevolezza immediata, perché di prospettive non ha senso parlare, stante la partenza ad handicap, che il tempo aggraverà. La morale, la considerazione, sono figlie di presunzioni protocollari o di letture inconsce; le persone stringono amicizia o si coalizzano all'incontrario, secondo affinità o secondo presunto interesse. Per questi ultimi varrà il premio del Re di Castiglia allo sgherro che lo aveva salvato dal patibolo. Secondo gli stati d'animo mi viena da scherzare o da rivedere immagini e reinterpretare figurazioni testuali controverse: ora mi sembrano urticanti, ora illuminanti. Spesso, quasi sempre, sono sopra le righe e non contemplano coinvolgimenti, se non parodistici e parossistici, con vicende reali: eppure, nello specifico, qualcuno ne ride, qualcun'altro si adombra, le anime vuote, vendute e stupide, lo riportano, come fa il cane con le pantofole del padrone. Ogni giorno è una rappresentazione della vigliaccheria, del disimpegno dissimulato, della falsa amicizia, della compiacenza e del conformismo, i quali vengono puniti, umiliati nelle figure insignificanti e avvalorato in altre, egualmente evanescenti, ma gradite al dominus economico di una specifico ambiente. Voler stare nel gioco e sfruttare la situazione, è la esemplificazione del foro interiore, o meglio della sua mancanza; il vittimismo speculativo è l'arte delle etére, quando si rifugiano in una dipendenza protettiva, dalla quale destabilizzano gli equilibri. Viene spacciata una sottomorale delle apparenze, il cui esito è la fuga nel pretesto e nell'apparenza mistificatrice, nella sottocategoria dell'appiattimento sistematico sulla mediocrità. Ma poi, infine, bisogna raggrinzirsi sul pane quotidiano, sulla cura necessaria dei figli, sulla ripetitività dei gesti, mentre si restringe l'imbuto della vita e l'ammirazione del luccichio si confonde con l'astio e l'invidia di prossimità.

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