domenica 25 dicembre 2016

Gli affari, le amicizie, le carriere..il provincialismo.

Certo è che le conversazioni di queste feste comandate sono pesanti come il menu, assai meno saporite e vegane, vegetariane, quanto a contenuti. Nel citare, ricordare, si confermano i criteri di gestione delle incrociate esistenze, tutte e ciascuna all'insegna del proprio minuto e, talvolta minutissimo, tornaconto, in un "fru-fru" di fasullo compiacimento per quanto si è riusciti ad estorcere alla vita, o meglio agli "affetti" più vicini, che si erano conquistati e dai quali ci si aspettava benessere e palcoscenico, anche se il proprio repertorio drammatico faceva sorridere. Proprio per questo, dopo essere passati per il riso e il sorriso conformistici si è trapassati all'opinione prepotente, imposta come verità: nessuno l'ascolta, tutti se ne fregano, ma l'autoillusione di essersi "affermati" per la perentorietà dell'affermazione ed averla ribadita, vale una conferma interiore. Con l'età, con il declinare delle fortune, la declamazione si fa retorica, storico-celebrativa, archeo-ideologica; al conservarsi ( delle fortune ), mentre declinano le altre facoltà, ecco svelarsi il pensiero celato, nel dosso all'ingresso negli "assetti azionari" degli scalpitanti ed insofferenti subentranti, che mai si sognerebbero di intraprendere il loro percorso da soli, anche se dotati di titoli e competenze per farlo: alla comodità non si rinuncia, ma una volta definitivamente ereditata, per chi la trasmette si apre la strada dell'oblio e "dell'acconcia sistemazione". Mi capita di pensare che passiamo la vita a porci delle domande sbagliate, per rispondere alle quali sciupiamo la nostra casuale esistenza, che i caratteri del piacere e del dispiacere non siano intrisi in retorici principi, ma ascritti nei geni e negli ormoni, nell'apparato corporeo, di cui la mente è solo una componente, complessa ma in stressa connessione con tutti gli altri organi, di pari e connessa complessità, quelli, per intenderci che fanno diversi un uomo e una donna e sottocategorie, tante diverse "personalità" umane, semplificate nel cervello rettilario, primitivo, ma ben vivo e superstite, l'unico che dia soddisfazione alla nostra crudeltà. Cresciamo immersi in un sistema educativo, familiare e scolastico, che ci condiziona in un'infantile acquisizione di principi morali, mai creduti completamente, ma temuti come se fossero sotto l'egida vendicativa di un dio o di un signore mondano gelosi e, che essendo patrimonio comune - quindi, per definizione improbabili ed inaffidabili - sono custoditi e difesi da un'opinione tanto superficiale quanto ferreamente pronta al giudizio. Quando si raggiunge la pacifica consapevolezza della insignificanza di quel mondo di apparenze sociali e ambientali, diverse per strati e influenze, quando cioè il richiamo alla natura e al suo egoismo sono organicamente sopiti, la tranquillità cinica, nel senso in cui la intendevano i Greci classici, è solo amarezza e rimpianto di non appagamento, quando le forze lo avrebbero consentito. Anche per questo, in molti, la riaffermazione isterica di principi negativi ed obsoleti, ha il sapore di una rivincita invidiosa su chi potrebbe accorgersene e prende a competere ricatattoriamente, ma mai esplicitamente, su chi potrebbe ( ma è estremamente improbaile ) beneficiarne. Vi riesce solo chi, per ferina mancanza di educazione, precoci esperienze portatrici d'insensibilità e prevalenza d'influenze su anime inesperte, o timide, rapina gioia e innocenza e si prepara, per questa via, etologicamente alla vita. Chi ha condotto, con costanza e meritato successo, un lunghissimo ciclo di studi, senza alcun motivo reale, all'approssimersi del traguardo viene colto da una fretta vertigionosa, la capacità di concentrazione si appanna, i voti calano un po'. Sembra volersi liberare del sacrificio e correre al successo, al prestigio ed alla prevalenza sociale. Sta in realtà per iniziare una dura competizione con gli apparati, le raccomandazioni, il cicaleggio delle ruffianerie, con il sottobosco costituito da chi, quei privilegi a cui tutti aspirano, li aveva già in tasca e si appresta a farli valere, con il suo codazzo di clienti e di etére, che gli resteranno ipocritamente fedeli fino a quando sarà in grado di assicurar loro protezione e vantaggi. Non un minuto di più. Dalle rimembranze emerge, qualche volta, per associazione con altri discorsi, con altre situazioni costituende, una citazione "estranea", riguardante una figura certamente oggi grave, ma non più presente, non perché sia morta, ma perché vive e lavora in ambiti lontani, restituendoci, per poche istantanee, la sua immagine immutabile di ragazzo. Non sappiamo, presumiamo solo, se abbia condotto una vita appagante o se si sia trascinato di insoddisfazione, in disagio; lo citiamo, lo richiamiamo in vita nell'atemporalità di un sorriso fiducioso e, forse, ingenuo.

Nessun commento:

Posta un commento

Sono graditi i tuoi commenti