mercoledì 21 dicembre 2016

Il deserto dei...?

Il vuoto, l'assenza e l'attesa di quello che non c'è, l'atmosfera buzzatiana ( alla Dino Buzzati ) dei tempi insensati, cioè senza ordine ed equilibrio, che stiamo vivendo, dopo la fine di un ciclo storico e la prevalenza contraddittoria e contraddetta, dell'impronta capitalistica, prendono improvvisamente a sinergizzarsi ed allora, non ci si capisce più niente e ci si trova nel mezzo di una tempesta, "come la rena, quando turbo spira". Quando la tempesta di sabbia si placherà, lo stesso scenario risulterà modificato, ma pur sempre identico e ancora irriconoscibile, come nel deserto. Tutto ciò è avvertito in questi termini solo alle nostre latitudini, perché, invece, una civiltà ideologica è riemersa ed è l'unica, attualmente, che possa opporsi all'empirismo "eretico" di nazioni colonizzate dal capitalismo e dalla finanza, mentre i loro caratteri culturali, élitari e messi "democraticamente" in un angolo, sarebbero di tutt'altra cifra. Non intendo riferirmi all'Italia, estrema periferia del mondo occidentale, eppure ricca come poche o nessun' altra di retaggi culturali unici, pur frutto, dopo la fine della civiltà di Roma, di piaggeria verso e committenza di retorici poteri. Nell'era successiva, in epoche consegnate alla musealità e alla magnificenza delle vestigia murarie di una realtà non nazionale, nel contesto delle "piccole" regioni dominanti sul nostro medesimo continente, che vengono sollecitate a spendere poco convincenti parole, ogni qual volta qualcuno vendica una violenza recata lontano dalla propria ribalta, giocando proprio su quell'immigrazione senza senso che gli avvenimenti bellici, contingentemente, e il globalismo hanno indotto, mettendo in conflitto superficialità d'atteggiamenti e umiliate e rancorose tradizioni sconvolte dalla miseria e dalla diaspora. Per poche ore, tutto si confonde, come le membra sparte delle vite già consegnate all'oblio, al quale non sarebbero sfuggite, con ogni probabilità, neppure se si fossero prolungate a lungo. Si sarebbero riprodotte e basta. L'indifferenza, la catatonicità, si rivolgono alle parole, talvolta apparentemente sensate, ma, subito dopo, avvertite per quello che sono: propaganda mediatica e sentenziosità servile. Ogni giorno, ogni ora, ascoltiamo qualche voce registrata che ci avvisa di decisioni incontestabili: sui social, corredate da filmati, sugli autobus, durante i tempi d'attesa al telefono, anche se si chiama un taxi o ci si rivolge ad un numero verde; poi, nell'uniformità dell'indecifrato, accolto nel grigiore, in una situazione di sottocosti reali e simbolici, un alieno irrompe e asfalta le vite di chi si trova sul suo itinerario, casualmente, nella consumazione di una ritorsione generica, espiatoria, che ripropone o crede di riproporre. Crede, perché spesso anche i simboli, modificati, irriconoscibili, sono comuni, culturali, importati e confusi, risinergizzati nell'incertezza dei flussi finanziari ed umani che cercano, con ogni mezzo nevrotico di convincersi di un'impossibile stabilità. E' il mondo dell'informazione, "servizio", di chi e di che cosa, sfugge ai più, mentre sulle "reti" private, i soloni dell'intrattenimento enfatico e celebrativo e del pallone occupano tutto il loro e il nostro tempo a parlare di obiettivi e di forza, di "cattiveria" e di "far male", mentre gli interpreti stranieri, prodotto di un altro esodo, arricchiti e aziendalizzati, mi ricordano nelle loro pappagallesche banalità i ciclisti della mia infanzia, che salutavano la mamma. "contenti di essere arrivati primi, quando non uno". Il protervo o trimalcionesco ministro del lavoro, disprezza i giovani migranti che lo accusano di averli fatti diventare i camerieri d'europa. Molti hanno congiurato prima di lui, ma questo campione della grevità cooperativa sbrocca, non riesce a dissimulare, non scoppia in lacrime, è corente con quel cafone che è. Intanto, uno dei suoi figli, "che d'estae va a raccogliere le mele", dirige una rivista della "cooperazione", di cui il padre è presidente ed alla quale aveva chiesto di ritornare. Potrebbe essere una buona occasione. In questo caleidoscopio d'inciviltà, gli "estranei" macellai motorizzati, sono solo un ulteriore elemento, insignificante e senza scopo del puzzle. Non sappiamo quanto del percorso nel buio abbiamo già compiuto, probabilmente poca parte e la meno terrificante, ad onta delle apparenze, nella quale sono poche e misconosciute le entità e le poche persone in grado di tenere la rotta, nei suoi elementi semplici e circostanziati. E' confusa anche la descrizione, il testo? E' voluto. Sarà lungo il periodo dell'insignificanza e della mancanza di scopo, chiari i valori da conservare e salvaguardare, che diradati "amanuensi" non mancheranno comunque di preservare.

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