lunedì 26 dicembre 2016

Beata ignoranza.

Cerimonia commemorativa di mia madre, morta proprio la notte di un anno fa, citata in coppia con il marito, scomparso dal 1988. Entrambi sul declinar dell'anno, il 21 Ottobre l'uno, il 25 Dicembre l'altra. Ci troviamo in una chiesa deserta a mezzogiorno, una gentile vecchina, che leggerà alcuni passi del Vangelo, ci informa che si tratterà di una Messa di Comunione e Liberazione. Pensa che la nostra sparuta pattuglia di parenti sia un gruppo di iniziati. Mio nipote Pietro, omonimo del nonno, del quale possiede molte caratteristiche, di carattere e di cultura e grande estimatore della nonna Maria, ci informa che la chiesa di San Giacomo all'Università è notoriamente un feudo di Com.& Lib. L'omelia del prete è fuori dai margini, cita per nome i ricordati nel corso di un comizio del tutto inusuale, perché non tratta del brano liturgicamente proposto, ma parla di sé, del gruppo di uomini che incontrò quando aveva ventiquattro anni, delle membra che friggevano, del suo cuore più vitale, a settant'anni di un ventenne, di contatti personali con un amico ateo e della necessità di non essere un rinunciatario, un perdente, uno che si accontenta, perché Gesù era un vincente, un rivoluzionario (pur) non violento, il carburante di una indomita tensione al risultato, che deve estrinsecarsi nella soddisfazione dei desideri, di qualsiasi genere. Mi sovviene che la Chiesa, che non ho più frequentata dalla prima giovinezza, è cambiata, oppure che ciascuna componente ne fa l'uso che crede, mentre non capisco il senso della dedica di mezzogiorno a una organizzazione imprenditorale potente e molto attiva politicamente all'interno dell'Università e nelle corsie di Ostetricia e Ginecologia, dove si praticano anche gli aborti. Ma poi, perché comiziarne ai parenti convenuti in ricordo dei loro cari e a pochi altri, nel contesto di un manifesto politico, incentivato da una libera offerta. Dovrebbero spiegarlo a mia sorella, così contenta di essere riuscita nelle citazioni per Natale. Penso che una commemorazione si dovrebbe casomai tenere nella ridotta del desco, dove invece si è consumata la solita strafogata, annaffiata di vino, con seguito di lepidezze, "de minimis" illuminanti. "Sono più forte di un ventenne" ha ribadito con voce ancora franca e forte, salvo poi tornare, claudicante e reclino, verso l'altare. Un altro celodurista, a modo suo. Giulio ha compiuto cinquantuno giorni, è un bambino calmo e amante della compagnia; quando c'è qualcuno in giro, non eccetta di restare sdraiato in culla a rimirare il soffitto; piange solo quando vuole andare all'abbeveratoio materno, tornare in simbiosi con la genitrice che, appagandone l'affettività suggitoria, della fase orale, lo introduce ai sentimenti. Dopo aver provato reiteratamente di sfilarsi i guanti con le gengive, è riuscito a farseli togliere perchè li stava imbibendo con la saliva prodotta dall'inutile sforzo. Però non tignava, non protestava, continuava solo nei suoi autonomi tentativi. Mia madre si sarebbe "sciolta" per questo e invece giace immota al buio a al freddo, senza pià avvertire nulla, supplita, con conformi atteggiamenti, da altre officianti. In cinque si sono appartate per prendersi cura delle sue deiezioni e quando sono tornate con il trionfatore, cambiato e vestito d rosso natalizio, hanno annunciato: "abbiamo prodotto moltissimo!!" Splendida metafora sull'uso della femmina in biologia, anche perché, al suo ritorno, pur sorridente e compiaciuto, Giulio ha, poco dopo, reclamato la tetta. C'era un altro bel bambino, di alcuni mesi più grande, vivo e pertecipe, con il quale ho scambaito motteggi, sguardi e ammiccamenti. La coltura della vita continua le sue stagioni: è certo che moriremo, ma, anche se non fossero nati i nostri successori, per noi sarebbe finita lo stesso, e con noi, quella civiltà del privilegio, che asseriamo essere oggettiva e naturale ragione della perpetuazione. Come è già avvenuto innumerevoli volte, anche per loro, il futuro replicante è tutto da scrivere, mentre, invece, per tanti altri, è già scritto nella miseria, nell'ignoranza. Su queste basi ineguali, su entrambi i versanti, si consuma, in fieri, il contrasto, l'incomunicabilità, la violenza potenziale. Per essere felici non dovranno mai uscire dal loro fortino, sarà necessario che si facciano veicolare dalle fortune dei loro genitori, in attesa che diventino le proprie, praticare, se vorranno, una religiosità formale e accomodotoria e sospirare di bontà e generosità, mai eguaglianza, nei confronti dei bisognosi docili, avendo cura esclusiva di razionalizzare fortemente le proprie azioni, dapprima strettamente egoistiche, disinteressandosi di tutto quello che avverrà intorno a loro, se eventi sfortunati non ve li precipiteranno. Così, dicevo, saranno felici, perchè non capiranno un "acca" del mondo e della vita.

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