giovedì 29 dicembre 2016

Il teatro dell'ovvio.

Non c'era bisogno che lo dicesse, il neo premier Gentiloni, che avrebbe(ro) proseguito sulla strada di Renzie; a parte le cronache di gestazione di questo governo fotocopia, ancora più protervo nelle sue affermazioni nel campo del lavoro, perché sconfessato mentre si stava allestendo il non strumento giuridico per completare l'opera di massacro del settore e che i poteri e i residuati storici reddituari, vedevano - i secondi per un riflesso atavico - come la riaffermazione del loro disimpegno contributivo e domani, fiscale, dietro il quale "rifugiarsi". Sono in grado di alterarmi, questi figuri che residuano solo in ambienti del tutto analoghi, anche se necessariamente e progressivamente, camuffatisi, in parte, nelle forme e nella loro rappresentazione "semi"pubblica. Perché questo si verificasse, la Costituzione che si voleva mutilare e lasciare come un moncherino, ad ulteriore depotenziamento della sua raffinata e, per questo, inapplicata formulazione, doveva essere superata, non nei suoi connotati storici, ormai desueti, ma nelle sue applicazioni pratiche attualissime, soprattutto in termini di garanzia. Il Conte Gentiloni, fantaccino senza personalità di un potere inelettivo, si adeguerà. Del resto è un clone dell'eskimo dissimulatorio che Pasolini smascherò e, di clone in clone, dell'ultima esperienza del non governo inelettivo, patrocinato, sì, dall'Europa eurocentrica, simile nell'atteggiamento delle varie commissioni censorie della U.E., alla frustrazione reazionaria dei reddituari storici, che si volevano riparare, in favore di vento, sotto l'egida di una sinistra-Quisling ridicola e, per fortuna, non in grado di ingannare. Ha contribuito un altro residuato, da Centralismo democratico - si chiamava così, nel P.C.I. il sistema per cui, al dibattito interno, ignoto alle masse, doveva seguire il più rigido conformismo dei comportamenti alle decisioni prevalenti - messo in atto, nostalgicamente, da Giorgio Napolitano, che vedeva - anche se si fosse trattato di una finzione - nella democrazia, derivante dall'economia di mercato e, se vogliamo, dai suoi riti, solo uno strumento da superare. Ci stava quasi riuscendo. Se possibile, il Conte Gentiloni ha ancora aumentato la mediocrità arrivistica del suo esecutivo, introducendovi e confermandovi personaggi incompetenti e grevi, in posizioni, da sempre o ormai sottostimate, ma pur sempre architravi di una democrazia evoluta e consapevole. Ma, quella italiana, non è condivisa da tutte le componenti sociali, certamente ha avuto i caratteri dell'importazione post-bellica. Che ci fanno ancora i Patti lateranensi, voluti, per adesione, da Togliatti, già pronubo del reintegro nei loro posti del personale direttivo e amministrativo del fascismo? Quel "realismo" duale di chi esercitò il potere, sotto l'influenza o la direzione della Chiesa cattolica e, chi, temendo che i poteri autarchici fossero ancora troppo prevalenti, decise di vivere in simbiosi, ma all'opposizione, la sua, fallimentare alla luce dei fatti, esperienza politica, avendo maggior cura alle dinamiche del comunismo mondiale, le cui direttive ed azioni si stabilivano a Mosca e di cui Palmiro Togliatti, pur privo di potere, fu uno dei co-formulatori più importanti. Probabilmente gli importava questo, mentre i referendum sul divorzio e sull'aborto, temuti dal P.C.I., fino a un'adesione travaglita all'ultimo momento, mostrarono, sia pure dopo trent'anni, un'Italia diversa, almeno nelle parti meno retrogade, perché influenzate, nel bene e nel male, dall'industrializzazione, del Paese. Mi consola che questa gentucola non conta più niente e dovrà solo far quadrare i conti per i ragionieri di Bruxelles, nella conformisticamente obbligata recita di uno stato periferico nella geografia mondiale ed europea, una periferia verso la quale ci siamo progressivamente spostati, mentre le vacche grasse dell'appropriazione indebita di denaro pubblico e il clientelismo ammansitore, producevano lo sconquasso - rimosso - attuale.

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