martedì 6 dicembre 2016

La gravezza della povertà.

Il 30% della popolazione italiana rischia di sprofondare nella povertà, un gorgo dal quale non c'è ritorno. Non si tratta dei già endemicamente poveri ma di un ulteriore terzo della popolazione, secondo una scala digradante e degradante: una percentuale complessiva che si avvicna alla metà degli Italiani. Non so quale ne possa essere la medicina d'urgenza, anzi dubito che sarà somministrata, ma si tratta di un'apocalisse sociale dalla quale è esente, secondo una scala ad ascendere, l'altra metà. In un Paese normale, la metà degli abbienti dovrebbe costituire la destra e la sinistra dovrebbe essere rappresentante dell'altra metà indigente. Scongiurato, per ora, il cesarismo degli stenterelli e senza che nessuna ripercussione borsistica si sia verificata, in aggiunta a quelle provocate dai disastri venuti alla luce da sotto il tappeto, si deve subire il continuo richiamo al saldo dei debiti dai contabili di Bruxelles. Questa situazione, susseguente alla liquidazione della prima Repubblica, viene da lontano e gli eventi che ne sono derivati in Europa ne sono una misconosciuta conseguenza. E' del 1973 l'inizio della lunga crisi, accentuata(si) negli ultimi decenni, sulla scorta dello yuppismo degli anni '80, della finanza compensativa dei derivati finanziari, dei subprime e via citando. Infatti, nel 1973 Stati Uniti, Giappone ed Europa, dietro sollecitazione di Kissinger e Rockfeller, riuniti a Tokio, decretarono in un "manifesto", che si era sviluppata troppa democrazia dalla fine della seconda guerra mondiale e che il "sistema" non poteva permettersela. Il mondo era diventato troppo complicato da gestire per poterlo lasciare ancora in mano ai parlamenti, alla politica, ai cittadini. In Italia si attivò la P2, tenuta a freno, fra mille difficoltà, perché il nemico si annida anche all'interno, da Tina Anselmi, recentemente scomparsa, vennero gli sconquassi bancari, i "suicidi" sotto il ponte dei frati neri, gli incroci finanziari evasivi all'ombra dello I.O.R., di andreottiana e sindonianna memoria. Quel potere si è mischiato, si è reso irriconoscibile, la seconda guerra mondiale è finita con l'unificazione tedesca, i precedenti assetti sono stati ripristinati, ma i Paesi meridionali del continente si sono rivelati corrotti e deboli, indebitati fino alle orecchie. Il sistematico depauperamento del reddito, a cominciare ovviamente da quello delle categorie meno favorite e più esposte alla disoccupazione, va interessando in misura crescente, il ceto medio che è a sua volta ricorso a troppi debiti, colpevolmente elargiti, nel tentativo insensato di lasciare inalterati i tenori di vita: un'apparente pace familiare che ora precipita nella disperazione. L'unica strada percorribile è quella della partecipazione sociale, del coinvolgimentoe di una lenta ma sistematica ricrescita, sempre a rischio di nuove brutalizzazioni. La democrazia è dialettica e, quando serve, del conflitto ( accompagnato da un progetto )perchè solo questo impedisce la sedimentazione, la pietrificazione delle caste sociali e dei poteri costituiti che ne sono la guardia armata autorizzata. La democrazia e anche il conflitto devono avere spazi e canali, per non diventare protesta confusa, manipolabile da chiunque. Che cosa sono riuscite a ottenere, per sé, le classi popolari, all'ombra dei sistemi formali, di cui si è cercato di restringere gli ambiti? Dubito fortemente che, in queste condizioni, la strada possa essere quella del governo, se per sinistra si deve purtroppo intendere quella vista all'opera fino a ier l'altro. Ancora una volta si deve ricominciare dal basso.

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