mercoledì 28 dicembre 2016

Fra il serio e il faceto.

Il Revisore di conti del Comune di Roma, che ha bocciato il bilancio preventivo della bombardata Giunta Raggi, è imputato per bancarotta fraudolenta. Inattendibilità o, almeno, dicotomia morale e professionale nel censore capitolino. Roma non cambia: Cicerone avrebbe materia d'invettiva anche ai giorni nostri. Intramontabilità della testimonianza classica. Al Comune di Roma e non solo al Comune - non c'è ne è uno che non ciurli nel manico, che non abbia pendenze, in atto o potenziali con i Tribunali. Sul piano degli affari - come da caratteristiche indigene - la ex capitale morale si distingue per mazzetteria: anche lì il Sindaco è indagato. Pare non esserci alternativa all'astensione, o meglio, alla diserzione delle urne, tranne che nei momenti topici, nei quali il popolo si è espresso, finora, senza perdere la trebisonda e mantenendo in linea id galleggiamento e sostanzialmente in rotta, la caravella corrotta della nazione. La crisi, come sempre, ha peggiorato la moralità pubblica e privata, le malversazioni e le truffe sono aumentate, mentre i famelici amministratori, hanno ripreso, per di più impauriti, a mettere da parte i soldi. Pare che tutti i leader, anche quelli da operetta, facciano altrettanto, preparandosi all'esilio, e, a spulciare la carta geografica politica, non si fa fatica a constatare che si tratta, quasi sempre, di ridotte del terzo mondo, imitatrici del modello statale per poterlo rapinare dall'interno. Come l'Italia, inequivocabilemnte.

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