domenica 11 dicembre 2016

Il mito rivisitato.

L'eperienza di ciascuno di noi, pur attraversando varie fasi, per lo più meccaniche e ripetitive, si svolge e, apparentemente, si sviluppa, all'interno di un solco ben tracciato, avverttito come naturale, nel quale e dal quale acquisiamo visioni del mondo ( il nostro piccolo e circoscritto ), valori o pseudo tali, giudizi, familiarità e rifiuti. L'ambiente familiare, la culla dell'uomo, è decisivo, ma, se non ben fortificato, non detrminante: all'interno del processo educativo o di semplice "imprinting", vengono a formarsi delle contraddizioni, a volte anche fra fratelli e sorelle, che non si saneranno più nel corso della vita e daranno luogo a una gerarchia che si sosterrà solo fino a quando un eventuale mutamento delle condizioni economiche non le sovvertirà. Ci sono rivalse che restano latenti, anche all'interno di un nucleo stabile, sedimentato: saranno le mutate condizioni di approccio al reddito a cambiarne repentinamente i fino ad allora immutabili, ma mal sofferti equilibri. Fra la frequentazione di un certo ambiente scolastico del primo figlio, del secondo e poi, nelle famiglie più numerose, del terzo, troppo distanziato temporalmente o solo sopraggiunto in coincidenza di una crisi non prevista, corrono frequentazioni, comportamenti, modelli culturali che si fanno faticosi per chi era abituato ad una costanza di benessere che - ad esempio con la crisi attuale, ma anche con il cambiamento dei riferimenti giuridici sui quali si basavano le appropriazioni, per lo più dinastiche, di vertice, mentre la via di chi si incammina sul terreno della maturità prende forme tecniche, ma anche costumi ambientali difformi, contraddittori con il contesto familiare storico, con gli atteggiamenti dei fratelli, con le aspettative fattesi, anche temporalmente, ristrette. Se all'interno di una famiglia, la posizione dominante del marito ( se ben dotato di soldi, per lo più ereditati, sia in termini di beni, sia in quelli della professione alla quale è subentrato ) ha ricercato o preteso un'apparenza sociale che ha prodotto la scelta di una moglie meno attrezzata e per questo al rimorchio, ma vistosa, col sopraggiungere della crisi le dicotomie represse tornano a farsi quotidiane, ingenerando un clima di tensione nell'ambiente. Quando una bella donna, ambiziosa di diventare una bella signora, non trova, nel tempo, rispondenza alle sue aspettative, anch'esse di status, sia pure acquisito, le sue rimostranze, dirette o indirette, si fanno pervasive, distruttive e ricadono anche sui figli. L'incongruità culturale limita l'efficacia dell'educazione solo agli anni infantili; la mancanza di esperienza negli studi ne limiterà l'approccio alle problematiche dei figli, la spingerà a ricorrere ai fratelli maggiori o al più coinvolto nei suoi tramestii nevrotici, apportando anche a "carriere" ben avviate, un penoso adeguamento alle ambizioni ridotte del cadetto. Analoghi riduzionismi si trovano - di questi tempi, ad ogni piè sospinto, nelle ridotte commerciali delle aziende, nelle quali all'attaccamento alle posizioni più nevroticamente ripetitive e produttive ( per non esserne scalzati )si accoppiano informalmente e, quindi, quanto più vilmente e malignamente, le sottomansioni di fatto, senza rispetto per nulla che non sia il risultato immediato e il tornaconto di pochi, compresi i veicolati occasionali e in prova al rimorchio, indipendentemente dalle qualifiche, dalle anzianità e dai ruoli precedentemente ricoperti. Altri tempi, altra civiltà o forse no. Si diceva anche allora: sporchi, maledetti e subito, in tutti i sensi. Lo schema, inavvertito ma condizionante, a cui si rifanno gli ultimi venuti ed i sopravvissuti di epoche precedenti, ancora sulla breccia, si adegua alla più grigia materialità, spesso servile, senza che il tutto non sia accompagnato da una profusione di valorialità assolutamente inesistenti. Il destino economico prevede esclusioni e schiavitù riemergenti dall'origine, mascherata da forme giuridiche che, sostanzialmente, la riconfermano. Leggevo in un "reportage" de Il Giornale di un bordello nel Bangladesh, popolato anche da prostitute bambine, figlie di altre prostitute. Sapevo già di questa ereditarietà schiavistica in India, poco distante. Il servizio diceva che all'inveterato costume era seguita la legalizzazione, perchè il fenomeno costituisce una delle principali fonti di reddito e, quindi, di agio per chi lo governa, di quel paese. Le interviste spaziavano su tutto il repertorio della fantasia illusa: dalla credenza in Allah, "per cui questa è la mia condizione oggettiva e non può essere altrimenti" dio lo vuole!; alla casa comperata per lei da non si sa chi, ragione per la quale "lo sto ripagando", al fidanzato "di cui sono innamorata e che mi porterà presto con sé, per un'altra vita"...diversamente squallida, una diversità vagheggiata che resterà sconosciuta. Così s'avvita il mondo in una ripetitività d'illusioni, non dissimili, per proiezioni, nel mondo "civilizzato", semplicemente più affinato giuridicamente dal recente - appena dalla fine del '700 e non dovunque - modello speculativo e sfruttatorio industriale, in via di ripiegamento sulla volatilità di una finanza telematica che non si sofferma, ma balugina solo davanti ai loro occhi - per l'utilizzo degli eterni ammiratori dell'ultima ( la loro ) figurazione.

Nessun commento:

Posta un commento

Sono graditi i tuoi commenti