sabato 24 dicembre 2016

Il senso che si vuol dare alle cose.

Sarà un Natale cristiano, come auspica Francesco I, consapevole della secca riduzione del tenore di vita e di un possibile ritorno alla coesione familiare, dispersa dalle vacanze microcellulari, durate per generazioni? Ci sarà un recupero dei vecchi trascurati perchè remore ed indigenti, in una tenera riscoperta dell'affettività domestica? Penso di sì, in una grande percentuale di casi, quelli, per intenderci, che quest'anno non possono permettersi spese ingenti e cercheranno di farsi felici attraverso la felicità dei figli, se piccoli e ritroveranno nella gastronomia magistrale della casa un antidoto allo spreco rappresentativo, dopo anni ed anni nei quali non avevano teso ad altro. Sarà un Natale cristiano perché modesto, caratterizzato da regali low cost, in generale, da distrazione dai riti del consumismo, poco incline, con le solite tradizionali conferme, non eccezioni, alla "grandeur" dei cafoni, delle cosiddette "perle ai porci". Sarà però anche il Natale dell'alienazione , dell'assenza, della meccanicità, dell'invidia festaiola fra mediocri. Qualcuno ha voluto colpirne la simbologia: nulla di originale, è sempre successo. In meno di un quarto di secolo, dopo essere approdato in Italia, per farvi quattro anni di carcere, vi è ritornato per farsi ammazzare, di notte, davanti ad una monumentale, quanto grigia e impersonale stazione, mentre vagava senza meta e senza documenti, neanche quelli falsi che i banditi e i terroristi, "in partibus infidelium", portano sempre con se. Un altro morto, sia pur un assassino, senza idetità. E' drammatico voler morire, vendicandosi, a 24 e a 22 anni, come è toccato, secondo un copione d'intelligence che prevede uniformemente l'uccisione dei sicari e degli attentatori, dato che la "vulgata" sui mandanti se la attribuisce il potere, uniforome anch'esso, in nome di un nichilismo alla "Delitto e castigo", "I Demoni", "I fratelli Karamazov". E' la povertà affettiva, relazionale, familiare, abbandonati alla violenza senza protezioni, a provocare tutto questo. Le felicitazioni e i compiacimenti, delle autorità omologhe e carrieriste e sui "social", non univoche, fanno ancora più male. Non esiste un paragone fra vittime innocenti e non, non riesco, in questo caso, ad intravedere un netto discrimine fra infelicità vissuta ed apportata, anche se sarei il primo a straziarmi se ne fosse stato colpito un mio caro, ma parlare di "innocenza" troppo spesso è ipocrita; quando è reale e ad apportare sofferenza sono i nostri Giannizzeri, la ignoriamo, la nascondiamo, non ne parliamo o almeno non ne parlano i compiaciuti dell'altra notte. Era innocente l'ambasciatore russo ad Ankara? Quante operazioni di intelligence avrà coperto? Quanta insensibilità diplomatica avrà messo in atto? La Fatwa si è fatta itinerante, profuga e, in questo senso, globale; è naturale difendersene, è insensato ed altrettanto crudele, stigmatizzarla. E' il male del mondo riservato ai precoci disperati di una vita insensata, che insensatamente e strumentalmente vivono, nell'illusione di darvi un senso e che ne fanno un'esperienza breve, perché caratterizzata da un'assurda solitudine, la stessa che porta all'esplosione dei suicidi nei periodi delle feste natalizie e di Ferragosto, quando il senso di vuoto, per taluni si fa insopportabile, mentre altri lo riempiono con un vuoto condiviso.

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