lunedì 9 giugno 2014

Rampicanti.

Il Primo ministro indiano, neoeletto, Narendra Modi, ha annunciato che aprirà le porte del suo continente agli investimenti a zero spese, zero norme antinquinamento, zero sindacacti - mi sembra superfluo, basta fare una joint venture con quelli italiani -: vuole diventare definitivamente una grande potenza economica; nucleare lo è già. Il baricentro del mondo, per ora, non si sposta, ma le sue proiezioni, che attengono solo al lucro, si vanno diramando, con sistematica ed accentuata metodicità, verso i paesi di nuova industrializzazione, verso i prezzi minimi, pur in presenza di una tecnologia ancora insufficiente. Molte aziende italiane sopravvivono vendendo a blocchi, le forme tecnologiche più evolute che detengono, in maniera da poter affiancare e controllare i committenti, sia riguardo alle competenze che acquisiscono, sia alla lesine delle forniture integrate e necessarie che dovranno, se non potranno farne a meno, ancora fornir loro. Il neo Primo ministro ha sbaragliato, nelle ultime elezioni, il feudale e corporativo partito del Congresso, della vedova Gandhi, che, probabilmente, ne è stata lieta, temendo e ben a ragione per la vita sua e dei figli. I partiti familiari mostrano la corda in tutto il mondo; troppo gelosi gli egosimi, troppo limitatrici le politiche, con poche possibilità di spartizione fuori dalla cerchia dei propri dignitari. Il loro particolaristico ma ingentissimo interesse, sarà comunque salvaguardato e potra consentir loro di attrezzarsi per il nuovo sistema che verrà o che abortirà..in questa fase è solo un'intenzione. L'india, che ho visitato è un territorio vastissimo e multietnico, caratterizzato da due etnie principali violentemente contrapposte: gli Indu e i Musulmani. Per questa ragione fu creato il Pakistan, ma la diaspora dei seguaci di Maometto non fu sufficiente e, in un contesto ben diverso, fu concesso a pakistani e indiani di neutralizzarsi con la bomba nucleare. Il Pakistan è restato un paese statico e tribale, l'India emergente di cui si novella è costituita da 250.000.000 di persone, di modi affettatamente inglesi, di ingenti ricchezze, depositaria di competenze di vertice nelle telecomunicazioni. Ma l'India che ho visto è anche la plaga sterminata di orfani che fanno le guide dovunque, dei bambini e degli adolescenti stremati, al servizio di qualche grossista di preziosi e, come in Pakistan, nei forni che producono i mattoni per l'edilizia. Sono anche i bambini che, con mitezza e rassegnazione, chiedono l'elemosina, per cibarsi, sui marciapiedi delle grandi città, prima di coricarsi sotto tende di canapa grezza nera, sui marciapiedi stessi, secondo una specifica concessione comunale. Narendra Modi, di queste anime vagule e blandule, nate per caso e per niente, se ne frega, almeno fino a che non costituiranno un impedimento molesto alle deambulazioni affaristiche, quando, cioè, per altri versi, non credo che la loro condizione migliorerà. Il guaio è che, per noi, già ricchi e satolli, pigri ed illusi che il nostro sia uno stato acquisito ed a prescindere, i problemi aumenteranno ancora. Sono già tante le realtà economiche nostrane avvinte a quel carro fatto di joga mattutino, vacche libere per le strade piene di traffico, caste e famiglie, interi quartieri dediti ai più sordidi e disumani commerci, come attività castale che i genitori tramandano ai figli. E' una nazione fatta di assalti ai treni, sui predellini dei quali è consentito viaggiare gratis, come sui tetti dei medesimi, affollati come i vagoni. Anche in Inghilterra, i senza tetto possono occupare gratis le case pericolanti: il tessuto sociale e morale per il capitalismo è già pronto. Le droghe vegetali, le mille e più religioni stordiscono le varie caste di cui si compone quella primitiva e pagana società povera, mentre evidenti sono gli archetipi originari e comuni che sono osservabili sui muri della case. Ancora non ci sono comitati per la ripulitura, per non farne diminuire il valore. Narendra Modi è in fondo un altro ventriloquo del sistema, indigeno e internazionale. Siamo noi che abbiamo perso la voce.

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