mercoledì 4 giugno 2014

Miasmi.

PD e PDL uniti dalla tangente. A parte i nominalismi, i riciclati, (ri)convertiti, in decine di "altre" denominazioni, sono sempre gli stessi e identico è il sistema che li sorregge. Questa volta i P.M. di Venezia accusano gli imprenditori di essere i corruttori sistematici dei politici, che li favoriscono come le loro amanti, i loro procacciatori d'affari i loro Numi tutelari a qualsiasi titolo, come coloro, cioè, che sono in grado di aprire e poi, eventualmente, presidiare le porte. Che c'è di inaspettato in tutto questo? Non voglio fargli pubblicità, ma lo grida, vox clamans in deserto Beppe Grillo, accusato per questo di nevrotica inattendibilità. Più intrigante, ma a pensarci bene, ovvia, è la constatazione che per qualcuno, rude e avvezzo alla sofferenza ( definizione che diede di sé Primo Greganti ), quello del tangentaro e' stato un vero e proprio mestiere, le cui scremature hanno costituito l'accantonamento previdenziale del prestatore dei suoi buoni uffici. C'era dunque chi si esponeva e rubava e chi ne beneficiava, sia in termini d'apparato, sia in termini individuali. Queste gerarchie improprie vengono facilmente accettate ed hanno alla base non la necessità, ma una concezione vieta e materialmente ripugnante delle ragioni dell'esistenza, indifferentemente fra i ricchi e fra i poveri, che, questi ultimi, sembrano solo coloro che, non avendo nulla da prestare e da spartire, sono costretti alla frustrazione dell'onestà. Chi agita l'onestà è temporaneamente fuori dai giochi, dato che gli esempi individuali contrari non fanno statistica. Ingenuamente mi chiedo che effetto abbiano fatto quelle spese follemente voluttuarie, quelle ristrutturazioni principesche, quelle continue acquisizioni di fasto e "prestigio", presso le famiglie che le condividevano. Le mogli "oche" pensavano che si trattasse del riconoscimento palese e patente delle qualità del coniuge? I figli crescevano nella mitologia e nella retorica del papà provvido e provvidenziale, modesta, ma non tanto, effigie di dio? Chissà che tragica disillusione. Michelle Bonev, Dragomira per gli amici, lamenta oggi su twitter che il suo sito è stato oscurato dalla Procura della Repubblica di Roma, dopo la diffusione integrale del verbale di interrogatorio, nel quale replicava alla denuncia per diffamazione di Francesca Pascale, promessa di Berlusconi e madre di Dudù. L'infelice Michelle invoca la libertà di espressione e, in questi termini, sono d'accordo con lei. Non so se si proponeva di ricattare o, almeno, di diffamare, ma penso che le motivazioni vadano accertate oggettivamente, alla luce dei fatti, su un piano di assoluta parità fra le parti in causa ed oscurare un sito sul quale la Bonev si stava certamente pubblicizzando, al pari di tanti altri, ma sul quale intratteneva anche iniziative umanamente non disprezzabili, sempreché non fossero strumentali, resta un precedente pericoloso e da respingere, perché inibisce non solo la libertà di espressione, ma anche la responsabilità di chi procura, eventualmente, danni ad altri, sia che si tratti dei fidanzati di Arcore, sia che, invece, si tratti della Bonev stessa. Sperando, da parte sua, che i danni lamentati non siano esclusivamente artistici, dopo aver soggiaciuto, per amore di carriera, anche a rapporti saffici, con la donna di un vecchio bacucco, per la quale, quindi, l'amore fisico potrebbe essere, sussistendo le condizioni descritte, trasceso e sponsorizzato ad altra partner. Detto questo, sono del tutto contrario che si chiuda preventivamente la bocca a qualcuno e, per così dire, attendo le motivazioni della sentenza.

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