martedì 24 giugno 2014

Baruffe all'alba.

Ogni mattina, alle ore sei, sul marciapiede antistante la clinica di ostetricia e ginecologia dell'Ospedale Sant'Orsola di Bologna, un gruppo di preghiera e una delegazione di femministe si contendono la manifestazione per la vita, intesa in termini antitetici. Gli antiabortisti, appartenenti alla fondazione di Don Benzi, quello che portava in corteo le prostitute che aveva accolto ed arruolato nella sua congregazione, comprese, come testimonials, quelle ammalte di Aids, recano Vangeli ed immagini della Madonna in attesa di partorire. Spesso fanno incursione nei corridoi dove le pazienti attendono, ignorate e maltrattate da un personale infermieristico, soprattutto femminile, sentenzioso ed offensivo, per tema di essere fuori ruolo nell'assistenza ai degenti e, minacciando le pene dell'inferno, tuonando contro l'inane lotta per la sopravvivenza del feto, distribuiscono anatemi, ammonimenti, incitamenti alla redenzione e Vangeli, alle astanti che, subito dopo l'intervento, con le ferite cauterizzate e un forte bruciore ventrale, saranno dimesse e torneranno a casa con l'autobus. In questa sezione dell'ospedale universitario si va sempre da sole e si torna a casa da sole. Sono estranee alle problematiche personali delle richiedenti, le associazioni cattoliche fondamentaliste, che imitano gli antiabortisti degli Stati Uniti dell'interno, che, qualche volta, dimessi i Vangeli, fanno irruzione nelle corsie e uccidono medici, infermieri e pazienti..per salvare il feto o far subir loro medesima sorte. Parimenti estranee alle necesità concrete ed alle situazioni reali sono le femministe, le attiviste della CGIL e quant'altri contromanifestano in un caravanserraglio di ideologie prescientifiche. La sottocultura creata dall'assenza di robuste organizzazioni politiche e civili, dilaga in una contesa da pollaio a favore di astrazioni in libertà. Il Governatore della regione Lazio, ha oggi emanato un'ordinanza con la quale intima ai ginecologi obiettori della sua regione, il 90% dove la Chiesa ha una determinante influenza sulle carriere e l'accesso alle numerosissime cliniche private, di prestare tutta la consulenza e l'assistenza che la loro specialità contempla. Saranno ovviamente liberi di non praticare l'aborto, ma dovranno informare, curare e prescrivere tutti i farmaci che inibiscono l'evoluzione dell'ovulo fecondato e che non necessitano dell'intervento chirurgico, come da deontolgia professionale. L'obiezione morale viene rispettata ma si sposta o viene relegata, diranno alcuni, sul piano dei principi, senza più ripercussioni "politiche" sugli interventi legali che sono richiesti. Sono prese di posizione importanti che non mancheranno di sucitare polemiche e capziose interpretazioni, ma le leggi, fatta salva, negli atti, la propria coscienza, non può diluire, fino ad annullarla una facoltà riconosciuta, comunque difficile da esperire, per l'ambiente culturalmente depresso che circonda i luoghi dove si può esercitare e per il prevalente interesse manifesto ad assumere posizioni che spesso si disattendono all'interno dei propri ambulatori. L'aborto pubblico riguarda infatti sempre donne del popolo ed è su di loro, esclusivamente, che si esercita la pressione che non riserverà peraltro a loro stesse nessun aiuto concreto, a parte le chiacchiere e i buoni principi. Il pubblico dibattito, dall'Agorà si sposta nell'aia.

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