lunedì 30 giugno 2014

I numeri di cui non si terrà conto.

CNEL e ISTAT hanno unito le forze e hanno disegnato un ritratto dell'Italia in itinere lungo il sentiero del suo ridimensionamento, non più sulla base del vecchio contrasto destra-sinistra, ma dell'attuale alto-basso, cioè il ridimensionamento di un'Italia minore, è sottinteso. Dalla documentata e inutile rilevazione emergono soprattutto sfiducia e stanchezza, dovute all'accavallarsi crescente delle difficoltà che, spesso sono solo i nodi che vengono al pettine, di una sistematica lesina impoveritrice, consumatasi in pochi anni e aggravatasi per la riduzione di numerosi servizi, il lievitare del loro costo, la minor qualità delle prestazioni. Se a questo aggiungiamo la riduzione di fatto dei salari, attraverso ogni accorgimento elusivo che la legislazione degli ultimi anni ha fornito alle imprese private e a ciò che residua dello Stato imprenditore, è palese il quadro di crescenti e, per alcuni, insostenibili problemi economici che li vedono relegati in strati sociali inferiori a quelli praticati fino ad oggi, solo perché impossibilitati a sostenere ingiunzioni fiscali tardive, inderogabili e indiluibili, ed a mantenere la propria abitazione solo per inadeguatezza censitaria nell'ambito di condomini che prevedano spese, deliberate a maggioranza, che questa o quella famiglia non è più in grado di sostenere. Dalla rosea società senza più lavoro e paradisiaca, teorizzata dagli intellettuali organici all'editoria propagandistica del modello finanziario, alla società estranea al lavoro per fasce crescenti della sua popolazione, nell'ambito della quale, la subitanea perdita del lavoro stesso, provoca fenomeni di mendicità, sconosciuti nei decenni precedenti. Vi è poi il paradosso per il quale coloro che un lavoro lo conservano, guardandosi le spalle, hanno sempre meno tempo libero per sé, sia per l'intensificarsi dello sfruttamento concorrenziale con i Paesi del terzo mondo, sia per la insufficente retribuzione che non compete più con i prezzi dei beni desiderabili. Dall'analisi risulta chiaramente che quest'Italia, di nuovo minore, è in via di rapido ripiegamento; i migranti stessi sono in calo, checchè non si rinuci a cavalcare questo ronzino spellacchiato da parte di movimenti apertamente di destra popolaresca. I migranti, in cifra assoluta, in Italia non sono tanti, sono 1.300.000 contro i 2.200.000 dell'Inghilterra, i 2.700.000 della Francia e i 3.400.000 dell Germania; sono i nostri connazionali che hanno ricominciato ad emigrare, in treno od in aereo e non su barconi, secondo PIL relativo. Le nascite sono calate ancora per il quinto anno consecutivo e non sono cali dovuti principalmente a decisioni di coppie cassintegrate o altrimenti precarie che non sanno come sbarcare il lunario o di coppie border-line, le une e, soprattutto, le altre desiderose di costituirsi autonomamente una compagnia, una potenziale risorsa e un'affettività; sono spesso piccoli borghesi timorosi di non poter conciliare le prospettive di una classe che, oggi più di ieri, risulterà un miraggio irragiungibile, si dice per i propri figli, si sottintende per sé. Gli indicatori di povertà per le classi precarie sono tutti in crescita, mentre invece tutti i consumi sono in calo. Lo studio è "ricco" di analitiche percentuali statistiche, tutte imperniate sul "meno". Le spese impreviste sono un trauma e il risparmio una chimera. Continuare a far indebitare massicciamente le famiglie, come si propongono a fini reddituali ( per loro ) le banche e le finanziarie, è diventato più difficile, mentre chi non ne può fare a meno vede ridursi il numero dei suoi beni, che spesso vengono venduti a lotti. In pochi anni, la classe medio-piccola della popolazione è già nelle spire di una incipiente povertà, mentre la classe che stava sulla soglia del benessere ne sta rapidamente prendendo il posto. La base della popolazione (ex) lavoratrice dovrà presto riscoprire l'arte dello scambio e del baratto per ammortizzare la penuria di beni.

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