giovedì 12 giugno 2014

Presupposti.

Erri De Luca è uno scrittore a me quasi sconosciuto, ma molto apprezzato negli ambienti popolar-resistenziali italiani. Tempo fa se ne venne fuori con un'affermazione di questo genere: è giusto, anzi è auspicabile che si saboti materialmente la TAV. I giudici di Torino, altrimenti noti per una lunga e per ora sterile battaglia contro il doping sportivo, sono invece fieramente dalla parte degli interessi costituiti, per quanto riguarda la contestatissima opera, che ha ormai travalicato i suoi confini geografici. Detta magistratura ha individuato, nelle parole di De Luca, un incitamento bello e buono a sabotare la linea in una escalation dell'opposizione ad un'opera che ha assunto il carattere di collettore della protesta di base in tutt'Italia. Come già detto, delle caratteristiche tecniche e politiche della tratta non so nulla e, quindi, continuerò a non addentrarmici. Mi interessa di più l'atteggiamento polemico dello scrittore, che, leggo, è già stato un attivista di quella che si chiamava estrema sinistra, delle cui vicende, più poeticamente che realisticamente, ha intriso i suoi libri, di solito brevi e focalizzati. Come Adriano Sofri, Erri De Luca ha detto che non si difenderà tecnicamente e accetterà eventualmente una condanna. Quanto si propone di fare è, nella cornice del processo, una domanda retorica: investigate sull'EXPO milanese e sul Mose veneziano, mentre sembrate mobilitati, riguardo alla Torino-Lione solo sulle manifestazioni contro il proseguimento dei lavori, come se, lungo i binari, non corressero anche le tangenti, almeno nella tratta nazionale, di cui, pur benemeriti per le sentenze sulla Thissen Group e le inutili indagini sul doping venefico nello sport, non vi curate. Ebbene, se mai De Luca cercasse, anche inconsapevolmente, una fragile notorietà dalle sue esternazioni, come non pensare altrettanto di una magistratura che indaga reati alla moda, sia che si tratti di anabolizzanti o di altiforni incendiari, ma in un contesto caratterizzato da una violenta contrapposizione valligiana e di importazione, non trova di meglio che ergersi a severa custode dell'ordine. Affaristico e tangentizio? E' prematuro parlarne. Non si comporta conformemente, in fondo, anche quando incarcera i corrotti? Lo fa in nome di quello Stato di cui è servitrice, tanto più tradita, quanto più ingenua e disinteressata, ma anche nella veste confermatrice dell'ordine legale, colpendo con sicurezza dove minore è la resistenza di quello stesso potere che, con rituale sacerdozio, impersona.

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