lunedì 9 giugno 2014

Appena due parole.

Due parole sui ballottaggi in alcuni Comuni italiani, minori, direbbe qualcuno, invece significativi di radicate tradizioni e delle loro trasformazioni. Padova, purtroppo, si è confermata ridotta preziosa ma egualmente laida, del municipalismo che esclude. La città del muro che isola i quartieri indigeni dagli insediamenti degli immigrati, dell'intatto Ghetto ebraico e della Cappella degli Scrovegni, fatta affrescare da un mediocre usuraio, discendente di usuraio, per sperare di salvarsi l'anima, ma, soprattutto, credo, per immortalare, in una forma ipocritamente accettabile, la sua ricchezza estorta, ha insediato al Municipio un'accozzaglia di leghisti, di Fratelli d'Italia ed altri cascami della Destra popolare e becera. Padova è stata uno degli epicentri della "strategia della tensione", negli anni '70, così piccola eppur pullulante di sedicenti giornalisti ed editori, strettamente legati ai servizi segreti, ma anche piccola patria di quell'Autonomia operaia di cui Antonio Negri fu il mentore e l'agitatore, fino all'esilio alla Sorbona, al triennio carcerario ed alla ripresa dell'analisi dei movimenti insieme a Michael Hardt. Perugia, la terza capitale rossa della Prima Repubblica, passa a Forza Italia. Sembra bizzarro, ma è un sintomo dell'estrema aleatorietà delle appartenenze. Livorno, la rossissima va ai 5 Stelle, la sinistra è in lutto, ma dimentica che Livorno, sia storicamente, sia nell'indole intima dei suoi abitanti, è una città anarchica, quindi non rossa, bensì rosso-nera e il successo di Grillo sul vecchio rosso-comunista, a me non riesce strano, né insospettabile. I campanili, le piazze della politica-polemica cittadina sono tornate ad animarsi. Ormai, la politica nazionale è demandata all'esterno ed è un sintomo vitale che i Comuni siano tornati impetuosamente in campo.

Nessun commento:

Posta un commento

Sono graditi i tuoi commenti