domenica 19 aprile 2015

L'unica realtà.

La Grecia sta per uscire, con default annesso, dall'Unione europea. Devastazione sociale e permanenza sono connessi. I problemi interni, per Syriza, verranno dopo, per il repentino ridimensionamento del tenore di vita degli inurbati clientelari di quel piccolo Paese. I Paesi contributori, fra i quali l'Italia, ne avranno un aggravamento delle loro periclitanti fortune. La Banca europea e il Fondo monetario internazionale vigilano su di un contesto univoco quanto caotico e contraddittorio. Le formazioni di sinistra, post classe operaia, si riorganizzano su base embrionale, ideologica e teorica. Una minestra riscaldata. La lotta di classe all'incontrario, durata oltre trent'anni, ha sortito i suoi effetti: il lavoro è volatile e affannoso. Le migrazioni affondano nel mediterraneo quando un elemento inaspettato si approssima a mutarne il monotono percorso. I naufraghi non sanno nuotare, non sanno fare niente, fuggono e basta. In fondo non aspirano ad altro che ad un ricetto in qualche base militare dismessa, in qualche lavoro a gettone. Oltre non potranno proseguire, soggetti alle rigide leggi sull'immigrazione dell'Eldorado negato; da noi resteranno alla fonda, sine die. Sono morti in settecento, forse di più, perchè si sono sporti su un lato solo del barcone, quando un rimorchiatore si è accostato. "Tragedia, dolore", inavvertiti fino a un attimo prima della fine. Il senso dell'assurdo, di una vita restituita alla sua causalità naturale, ha assunto dimensioni di massa. I lamenti dei parenti sembrano il coro della tragedia greca, quella classica. Dai limitrofi paesi dell'esodo giungono, di tanto in tanto, video-twitter di immolazioni di prigionieri cristiani ad opera dell'esercito scalzo, ma bene armato, del Califfo, mentre le autorità libiche intercettano, intercettate, solo i nostri barconi di pescatori che saccheggiano da decenni le loro più pescose coste. L'interdizione militare questa volta ha funzionato, mentre latita contro gli scafisti e i profughi, che non saranno arginabili, se non a prezzo di un nuovo colonialismo controllore sui luoghi di partenza. L'Italia lo ha capito, ma Europa e Stati Uniti non ci sentono: non hanno per ora interessi diretti in quelle aree e l'Italia non ha i mezzi militari ed economici e soprattutto la mentalità per fare da sola. Un'opera di interdizione sistematica la esporrebbe ad ogni sorta di ritorsione, come le accade con la mafia, mentre il suo uso è di negoziare con i capi-bastone, istituzionali o di fatto, come l'E.N.I. fa in Libia e in Nigeria e con i capi delle fazioni libanesi dove mantiene, in questo modo, un'instabile tregua e l'incolumità dei suoi soldati. La scompostezza delle candidature di illustri sconosciuti, tutte all'interno delle cooptazioni movimentiste, dato che i partiti sono stati superati, non si cura nemmeno delle apparenze, trascinadosi dietro il lungo verme delle clientele al seguito, pronte a scomporsi, o meglio a deviare dal percorso se il capo branco designato si ricicla, si riconverte, fa del salto della quaglia un frenetico balletto. la Chiesa neo francescana abbraccia e propone la versione aggiornata dell'utopica accoglienza, mai praticata neppure nelle società arcaiche nelle quali costituiva un valore da ostentare, a patto che il rifugiato si assoggettasse, anima e cultura, a quella d'accoglienza - Adamo ed Eva furono i primi - in un contesto materiale non dissimile, in una sorta di uniformità desertica e agro-pastorale. Subito dopo essersi rifocillati e felicitati, le differenze di costume, di religione, riaprivano le contese: ingrati! Oppressori! L'unica realtà è in fondo al mare.

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