martedì 28 aprile 2015

Che c'è da festeggiare?

La festa dell'Unità, officiata proprio ora che la disunione fra chi la fondò e chi l'ha usurpata è al massimo compatibile con le esigenze di mantenere il posto degli emarginati, nel parco del Pincio - sotto, cioè. una montagna di rifiuti, là dove si squartavano i banditi, provenienti da via dei Malcontenti - viene contestata e i contestatori sono manganellati dalle forze dell'ordine borghese, conseguito anche dagli ex cooperatori. Queta volta sono stati alcuni antagonisti dei centri sociali, pochi giorni fa è toccato al ministro dell'istruzione essere oggetto delle contumelie degli insegnanti. Due proteste difformi: alla ricerca di uno status mai avuto e ancor più precarizzato, i docenti di una scuola pubblica sempre più povera di contenuti, proprio ora che aveva recuperato un po' sugli stipendi; una protesta fine a se stessa portata all'uscio di una festa privata di neo integrati. Intanto, con il calare dei consumi, i grandi empori stanno spazzando via quel che resta delle antiche botteghe e i grandi network del discount sfavillano di luci fatue e di salari che rendono superfluo il lavoro. Ormai, le commesse servono solo a controllare il taccheggio, affiancate da qualche spallone, rigorosamente nero. Nel mondo delle ex professioni assicurative, insieme alle provvigioni degli agenti, crollano le ore delle impiegate; le sentenze di fallimento, frutto di indebitamento e di accanimento nel mantenere in vita aziende senza ordinativi, né prospettive, azzera i salari delle famiglie superstiti che da quel lavoro dipendevano, cambia lo scenario per gli eredi di quelle attività andate in malora. Le banche stanno per procedere ad un'altra ibridazione concordata: Unipol con Pop. dell'Emilia-Romagna, UBI Banca con quello che resterà di MPS, salvo "cambio della dama" a danze in corso, i piccoli forzieri di famiglia pronti allo sciacallaggio, in una contraddizione che prima o poi potrebbe esplodere, fra incongruità di costumi aziendali, espansione, ingrossamento e mentalità e scopo esclusivamente lucrativo a favore di una ridottissima platea di azionisti. In queste condizioni pietose ci si avvia al Primo Maggio, che sarebbe rispettoso non festeggiare, in un tripudio di balle veicolate dalle poche testate, ex di destra ed ex di sinistra, che sono rimaste in edicola. Per capire come si comportano i giornali, basterebbe dotarsi, presso una biblioteca, di qualche numero arretrato e confrontare la retorica che spendevano a favore delle guerra etiope o dell'irresistibile avanzata delle nostre truppe ecc. per confrontarla efficacemente con le note interpretative della realtà pauperistica in cui stiamo precipitando. Non si trattava - si badi bene - dell'oppressione della dittatura, ma della convenienza dei gazzettieri di dire quanto conveniva, per fare altrettanto a realtà sovvertita.

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