domenica 5 aprile 2015

Caravellanti alla scoperta di niente.

Il "sentimento" più diffuso di questa Pasqua non ha dissipato la Quaresima: medie attività divenute piccole, costrette alla chiusura dalle banche creditrici, credito al consumo offerto da qualunque sigla di fantasia che nasconde le banche avare, le stesse che hanno negato il credito. Violazioni patenti della privacy attraverso indagini sul posto di lavoro dei garanti, non la semplice conferma dell'Iban, ma informazioni dirette sulla persona, a volte, per superficialità d'indagine, rivolte alla persona medesima. Cause per anatocismo che vengono barattate per una ulteriore bombola d'ossigeno creditizia alle imprese che le hanno promosse, ma cause a go-go, spesso con esito positivo per i ricorrenti, anche a livello di singoli privati. Saccheggio sistematico, soprattutto fiscale sulla piccola e media impresa, ormai destinate all'estinzione, consulenti improvvisati al telefono o allo sportello che ripetono il mantra, modificano, aggravando su di un altro lato le condizioni di rapina ai clienti di scarso "valore aggiunto"; alla criminalità fiscale si è sostituita un'asfissiante balzellomania che ha suscitato per la prima volta l'invidia del piccolo imprenditore nei confronti dei dipendenti, i quali, invece, non hanno più nessun antidoto alla precarietà e devono guardarsi dall'indebitamento anche per investimenti strategici, quali l'abitazione. Il gioco delle coperture fra i gestori del credito ha raggiunto livelli grotteschi, l'Italia è sempre più più un sistema di feudi o di fortini dentro i quali gli appartenenti alla coorte si autotutelano fottendo gli altri, quelli che si affacciano alle feritoie per chiedere soccorso. Che vadano in malora, siamo sempre stati meschini, ma ora non siamo più in grado di dissimularlo: "mors tua, vita mea". Il sistema clientelare, che un tempo assegnava i lavoratori a due distinti tornei, principale e secondario, adesso è impetratore di assegnazioni e di esclusioni, anche solo in funzione di utilità professionali che non riscuoterebbero attenzione in grandi aziende, dove neanche le attività produttive sono, da tempo, curate e valorizzate. In fondo, in realtà "piccine" si tengono reciprocamente la parte, "stringendosi a coorte", ma tutt'altro che pronti alla morte, con nulla nel cuor. La piccola stampa di provincia, che rappresenta interessi di un'oligarchia che fu campagnola, è tutta uno spreco di "degrado, violenza, pestaggio, jihadista", come un tempo era prodiga di attribuzioni al comunismo, ai brigatisti, ai loro fiancheggiatori. I lettori li leggono come un giornalino colorato e non se ne danno pena. Gli articoletti sono brevi - al massimo sessanta righe - per non provocare il mal di testa all'utenza. Di tanto in tanto, sempre a caratteri cubitali, si riportano i luminosi obiettivi di una squadretta di pallone che le prende spesso e volentieri anche in serie B, ripiegando, fra un peana e l'altro, sullo stadio, sui business collegati, su una fantasmatica campagna acquisti per la prossima stagione. La mafia è profondamente radicata in Emilia Romagna. La disattenzione alla immigrazione e la complicità di imprenditori allo stremo, l'hanno trainata e consolidata. Le intimidazioni, le ingiunzioni grevi, le minacce e le aggressioni sotto casa che qualcuno, per fortuna ha cominciato a denunciare ( ma quanti tacciono? ) ha ammorbato un clima che aveva conservato fino ad ora robusti anticorpi, che sono venuti meno. Intanto, le banche e le loro diramazioni finanziarie, per non correre rischi, foraggiano la vanità di imprenditori vanesii, ancorché momentaneamente con il vento in poppa. Sono pochi e a cavallo di destrieri ( aziende) grandi e potenti. Cosa ci può essere di meglio che una bella barca. In fondo, siamo coperti a sinistra, come ai tempi della Contessa Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare e del suo veliero "Poteve opevaio". Anche Dalema e amici hanno un mono o un bi o un trialbero acquistato con un mutuo.

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