sabato 18 aprile 2015

Così vicini, così lontani.

Guai alle coppiette che d'estate si appartano in macchina in un prato ubertoso, se adiacente alla villa di una famiglia professionale; vigili urbani al lavoro se i "vu' cumpra'" occupano con le loro copie fatte dai cinesi il solco che conduce ai negozi con le griffes: i clienti - dicono - si spaventano e temono di prelevare i soldi con i quali li dovranno pagare, in presenza dei mori scippatori e, perchè no, stupratori. Se una violinista di strada si esibisce sul corso degli scippi, dei taccheggi e della prostituzione ai piani alti degli storici palazzi, i condomini affiggono dei cartelli con i quali, senza averne alcuna facoltà, intimano agli artisti di strada di non osare più. Se qualche punk a bestia indugia nel sonno, nonostante la luce precoce e ostruisce la via d'accesso agli sparuti manipoli dei lavoratori mattinieri, la polizia - come previsto - li fa sloggiare, con metodi urbani. Se, poco dopo, un novello senza tetto si siede di fronte ad un ingresso, che sia di un occhiuto commerciante o di qualcos'altro che gli assomigli, si cercano sollecitatori di rimozione, fondata solo sulla suggestione che si puà produrre su di un povero diavolo, che si sposta più in là temendo di non poter più mendicare. Questo è il mondo da sempre. E' anche il nostro futuro contingente. Lo si vuole rimuovere da un centro ormai defedato di estetica classista, in nome di una sopravvivenza fuor di contesto? Le transazioni mercantili ormai si tengono nei centri fieristici o commerciali. La strada comunale - lo dice il nome - è comune, pubblica e, se non sono pagate gabelle, né si è acquisito il tratto prospiciente, non rende lecito a chi si reca al negotium o alla tapeza, chiederne la rimozione, né è lecito ai serventi, ritenuti adatti, per affinità di condizione, ma al coperto, adoperarsi allo scopo. Il poveretto non si sente sicuro per chiamare a sua volta i vigili o la polizia, istinivamente percepiti come difensori di un ordine convenzionalmente dominante e reclamare e se anche, per ventura - ma non credo - si trattasse di una sceneggiata, se ne consumerebbero altrettali, al coperto di un loggione e di un sipario, di repliche quotidiane e mediocri. Sono infatti parti assegnate e purtroppo accettate, per "educazione" e ( scarsa )formazione. Repliche infinite di un canovaccio identico, generazione dopo generazione. I replicanti a volte precorrono i desideri dei loro ispiratori, talaltre ricevono sollecitazioni improprie all'intrusione, alla prepotenza in rappresentanza della presunzione e dell'ignoranza censitaria. E' codesto il modo di far approcciare gli altri dai propri "bravi", in cialtronesca rappresentanza nel confinare perimetri di un mondo passato che, per fortuna, può essere ignorato, tranne che dagli esteticamente ( per chi non lo sapesse, l'estetica tange la morale ) "impresentabili". Con un portatore di convinzioni convenzionali parlo del nuovo consolato marochhino e delle due moschee che ospiterà. Gli dico che è il secondo al mondo, per dimensioni, di quel paese. " manteniamo anche i Marocchini, adesso!" Peccato che l'abbiano pagato sull'unghia e che, nei Paesi arretrati, senza cioè un'adeguata distribuzione del reddito, sono conservate grandi ricchezze statiche, con le quali intrattenere rapporti d'affari e che non prevedono alle loro porte soste che non siano "devote" e, tanto meno, esibizioni non meste, non pietose, bensì indifferenti di povertà. Insomma, società e mentalità precommerciali, imbozzolate in un mondo arcaico, nel quale vige la realtà "rimossa" e il costume cortese, da "curtis".

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