venerdì 1 maggio 2015

Addio, Italia ingrata.

Dopo vent'anni di Governo-opposizione televisivi, al solo scopo di puntellare il suo sistema mediatico, quasi altrettanti anni di processi che, senza lo schermo della politica, così disprezzata, lo avrebbero distrutto o costretto all'esilio, Silvio Berlusconi, con le truppe in rotta, si affanna a vendere il Milan, che è stato volano di propaganda, tanto che i suoi tifosi legavano obiettivi e campagna acquisti ai prevedibili obiettivi - soprattutto elettorali - del Patron e, in subordine, in seconda battuta o contestualmente, a vendere anche Mediaset. Nonostante l'entità degli alimenti a Veronica Lario-Bartolini ( servono almeno a sfamare anche i tre figli avuti con lei? ), l'ottantenne ex manager della pubblicitaria "Forza Italia", sembra intenzionato a ritirarsi a vita privata, ricco di milioni di euro, per sé, per la discendenza filiale e nepotistica, sperando di rimestare inindistinguibilmente il calderone di corruzione, tangenti, favoritismi politici, giudiziari e quant'altro, di cui si è valso per costruire, in pochi anni, un impero economico e un centro di potere. Sarà possibile? Probabilmente sì. In fondo, nessun Governo di centro-sinistra ha mai attaccato, quando ne aveva la possibilità, quanto costruito artamente e artatamente conservato; il patto implicito era: "fatti da parte e ti lasceremo in pace". Berlusconi non si è mai fidato - e ha fatto bene - il problema si sarebbe riproposto nei fatti e sarebbe stato "risolto" levantinamente, ma, in ogni caso, lo avrebbe pesantemente indebolito e messo nella condizione di "non nuocere", cioè di non poter difendere i suoi interessi. Adesso - deve aver pensato - è venuto il momento di liberarmene: ho raggiunto i miei scopi, il mio mito, seppur minore, sopravviverà in qualche paragrafo storico e nella coscienza di non so quanti supporters. Rimpiango solo le olgettine, ora che devo convivere con la soubrette di Tele cafone e con Dudù. Un mausoleo massonico mi attende nella mia villa sarda. Addio Italia ingrata. Lo diceva già Craxi.

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