martedì 29 luglio 2014

Si chiude un giornale. Un'altra pagina della democrazia viene voltata.

L'Unità, il giornale del Partito comunista italiano che ha da poco festeggiato il 90° compleanno da che fu fondato da un grande italiano, Antonio Gramsci, fallisce per la seconda volta. La precedente data a quindici anni fa. La gazzetta , la Pravda-Verità nazionale, che la domenica gli attivisti proponevano porta a porta e che costituiva per i compagni devoti l'orazione quotidiana, la coerenza illustrata derivante dalla vita dibattimentale del partito dei lavoratori, orfana, come tante altre testate, del contributo pubblico, langue e poi muore. Quando ero ragazzo, l'Unità era ben in vista nelle bacheche stradali, si offriva alla lettura gratuita dei passanti: il PCI faceva i suoi sermoni, certo, ma portava con fatica una base culturalmente depressa ed influenzabile, alla disciplina e al progresso realistico. In questo senso, io che non sono mai stato comunista, nepppure per un attimo, riconosco al foglio che fu, una grande capacità di coinvolgimento e di sollecitazione del dibattito, sia pure circoscritto, sul suo fronte, dalla reductio ad unum che egemonicamente, in prospettiva totalitariamente, auspicava. Gramsci, da leader politico, ma anche da grande giornalista ( non i poveri gazzettieri che sarebbero venuti dopo ) si proponeva l'inserimento dialettico nelle fratture che anche per via ideologica il suo partito sarebbe riuscito ad apportare sui fronti dei concorrenti, fascisti compresi. Muore quindi una tradizione, che fu grande ma che, da tanti anni ormai, era stemperata nel diluente non dell'unità della classe lavoratrice, ma di culture ed interessi esogeni di un'armata Brancaleone che sta portando il Paese alla più meschina delle regressioni civili, mantenendo della vecchia cultura il dissimulato disprezzo per la rappresentanza. Per questo è normale che passi agli atti. I comunisti, sul piano dialettico e all'opposiione, contribuirono all'evoluzione e al consolidamento della democrazia, che ora, senza il loro apporto, declina rapidamente verso la restaurazione, sia pur contraffatta. Malauguratamente, invece, si continua ad assistere alla scomparsa dell'informazione su carta: le testate che non siano locali, si contano ormai sulle dita di una mano ed anche i periodici sono sostanzialmente due, che si confrontano su crinali opposti. La rapida e sintetica informazione on-line, la stessa editoria formato e-book, stanno, in men che non si dica, soppiantando il vecchio e caro libro, il frusciare delle sue pagine, il suo odore ed affaticano la vista su schermi computerizzati. E' questo un ulteriore aspetto della mutazione antropologica che stiamo vivendo, della quale è tanto stolto tessere le lodi, quanto denigrarne le prospettive. Probabilmente, fra un passaggio strumentale, tecnologico e l'approdo abbandonato, correrà un periodo di arida assenza. Speriamo che gli stimoli irrazionali delle persone e di quelle che una volta si chiamavano le masse, non sia rivolto al peggio, come tante volte è accaduto e come è intrinseco ai limiti della nostra natura. In questo Gramsci ci mancherà.

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