sabato 19 luglio 2014

Anestetici.

A poche ore da due fatti drammatici e delittuosi, la normalizzazione informativa impera. L'aereo di linea malese è disintegrato sul confine russo-ucraino. "E' stato abbattuto da un missile ucraino, trafugato da un deposito militare dai filo-russi". Non so se anche la stampa estera si esprime così o se si tratta del solito "in medio stat virtus" dell'inconcludenza nazionale. Si omette di investigare; si fa molta propaganda. La guerra di confine intanto continua, ignorata dai media come il primitivo massacro ceceno, ma, stavolta, è una questione di equilibrio geo-politico che ci coinvolge. Noi, ovviamente, stiamo a vedere chi vince. Le truppe ucraine di lingua russa che si erano abbrutite nella guerra cecena, sono state richiamate alle armi da un ufficio di leva sconosciuto e combattono con la ferocia affrancata dalle regole del diritto di guerra che avevano appreso e di cui devono valersi se vogliono riuscire nel loro intento. Ma anche il presidente ucraino non scherza: "per ogni nostro caduto, dieci ribeli saranno passati per le armi". Mi ricorda un altro dosaggio. A Gaza si consuma l'ennesima replica delle guerre israelo-palestinesi; per chi è morto non fa differenza. Per le statistiche il rapporto esponenzialmente crescente è di trecento a due. L'irredentismo di un popolo segregato gli costerà anche mutilati e traumatizzati, oltre alle malattie indotte dal sovraffollamento, in assenza di condotte idriche funzionanti, dopo l'interruzione di ieri dell'energia elettrica e gli ospedali bombardati. Eppure nessuno crede che Israele la voglia fare davvero finita con Hamas: sa bene che il fenomeno, con la stessa od altre denominazioni, si riprodurrebbe. Sa anche che la stessa formazione combattente, è già insidita da altri gruppi ben addestrati che si rifanno alla guerra santa, a costituendi califfati, sulle macerie delle guerre di un demente al potere. Solo per riportare alla sua condizione originaria di debolezza un movimento antagonista, politicamente investito in regolari elezioni nei territori, conteremo alla fine gli inutili morti e non saremo in grado di valutare le conseguenze a lungo termine sulle persone, le famiglie di un popolo stanziale, relegato. Le valutazioni giornalistiche sono stanche e ripetitive, scarso l'appeal; per questo meglio non parlarne, danno fastidio alla siesta dei politici nostrani, sfiniti dalle loro beghe, non interessano i lettori e non trainano pubblicità.

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