giovedì 17 luglio 2014

Declinazioni.

Si accentuano i sintomi di ellennizzazione dell'Italia, sotto terapia austera. I poveri, per perdita del lavoro, che mendicano realmente per le strade, aumentano e il gesto della monetina nel bicchiere di plastica, pur utile contingentemente e mestamente gradito, stride con il senso di giustizia, in termini metafisici e superiori. Possibile che non ci si possa interessare, anche d'autorità, di palesi situazioni di precocissimo bisogno e disagio e ci si debba affidare al gesto occasionale di qualche elegante signora? E' lecito che una situazione d'indigenza venga lasciata alla pubblica carità? Sotto la patina dei discorsi evasivi della realtà, si vede chiaramente il frutto della sperimentazione autoritaria, più lenta di quella greca, ma inesorabile. La fretta, funzionale a superare ogni mediazione e rallentamento, nella riscrittura disorganica della costituzione, tradisce l'intenzione di cassare la democrazia dei dibattiti e dei contrasti, per almeno un'altra generazione. Si vedrà se questa democrazia autoritaria dovrà e potrà trasformarsi, per conservarsi, a missione compiuta. La deindustrializzazione del Paese è compiuta. L'abbandono della FIAT ha già provocato una diminuzione del reddito nazionale pro capite del 7%, la piccola e media impresa è sparita e quella grande, dall'Alitalia all'Indesit è ormai in mano a società straniere. I sindacati si sfilacciano e si dividono sugli aspetti che compromettono maggiormente la loro presa clientelare sull'organizzazione delle grandi imprese, per cui, se CGIL e CISL, firmano il contratto nazionale dei trasporti, la CGIL non firma l'accordo sugli esuberi e la UIL e la UGL il CCNL. In mezzo a tanta dispersione e divaricazione d'intenti, la proprietà passa come una lama calda nel burro e le querimonie parziali si rivolgono ad un uditorio specifico della compagine aziendale e non pretendono neppure più di rappresentare tutta la forza lavoro. Il cannibalismo aziendale sta privilegiando sempre di più nicchie private, estranee a qualsiasi coinvolgimento nell'economia sociale, mentre le pochissime entità transnazionali, di proprietà italiana, adeguano la loro attività alla percentuale d'affari che l'Italia può loro offrire: per ora un 30%. C'è motivo fondato di (di)sperare che la società, pur divisa in precedenza da forti contrapposizioni ideologiche e politiche, possa mantenere la sostanziale coesione di riferimenti, sotto la spinta della forte azione centrifuga che, con calcolo e determinazione, viene messa in atto. Dov'è, al di là delle manifestazioni particolaristiche e delle concioni partecipate, per sottolinearvi le proprie specificità, quell'unum sentire che è la nostra unica possibilità di riscatto? In altre circostanze storiche è stata possibile, anche se temporaneamente; cosa deve accadere per rianimarla?

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