venerdì 25 luglio 2014

L'aziendalità che ci rovina.

Sono centinaia di migliaia di euro, quelli che gli Enti regionali, che dovrebbero occupare in un prossimo futuro il Senato della Repubblica, destinano...al lavoro? No, alle aziende perchè assumano giovani fino a trentacinque anni. Le aziende gli corrispondano 500 euro al mese, ricevendone dalle pubbliche e sprecone istituzioni territoriali, molti e molti di più. Una volta, quando le aziende medesime constatavano dei ridimensionamenti negli ordinativi, spedivano gli operai a "riqualificarsi" presso aule regionali, ricevendone in cambio pesanti contributi. Il paradosso non sfuggiva agli Enti locali, nè a quelli nazionali, ma tanta era la bulimia propagandistica - qualsiasi cazzata aveva risalto - e tanto il supino conformismo aziendalistico, che i soldi venivano, anche per questa via, sprecati. Il sostegno alle imprese doveva e deve essere creditizio, anche in momenti di magra, senza l'assillo suicida di lucrare su tutte le situazioni. Rieccoci da capo a quindici a sostenere surrettiziamente un'economia pseudo-imprenditoriale che, in Italia, non ha mai saputo far da sé e che continua a ricorrere a queste sovvenzioni - mentre i grandi gruppi sono già emigrati o hanno già ceduto - su scala ridotta ( si fa per dire ). Che cosa sovvenzionano, infatti, regioni defedate, nelle quali mancano i trasporti pubblici e le reti fognarie? Chi sono gli "imprenditori" che ne beneficiano? Con 500 euro, lì, forse si sopravvive, ci si arrabatta, in famiglie caotiche tanto sono allargate. Ecco spiegato il busillis plebeo, che è business per gli industriali del contributo pubblico e per gli "economisti" regionali che li attribuiscono. L'Italia non sarà diversa, nella moralità e nei metodi, neanche dopo la crisi.

Nessun commento:

Posta un commento

Sono graditi i tuoi commenti