lunedì 21 luglio 2014

Ogni tanto si diceva...la reputazione è salva.

La fecondazione eterologa ha esordito nel nostro Paese, a Milano (4) e Roma (1). La Corte costituzionale ha rotto gli indugi e gli attriti, dichiarando incostituzionale quella norma che la consentiva solo omologa, cioè fra coniugi, uno dei quali, il marito, era un po' pigro di gameti. Si cerca ora di recuperare sul fronte vandeano, adducendo che le regole circa la salute del donatore di sperma e, quindi, la sicurezza del prodotto, non sono state ancora emanate. Come avrebbero potuto, se la legge non prevedeva la cornificazione in provetta per accertata incapacità? Si vuole forse alludere al lungo e tormentato percorso che si aprirebbe, ai fini certificativi della qualità del seme, che dovrebbe essere non geneticamente modificato, bensì DOC, IGP, ecc., dopo la sentenza della Consulta. Come se le cliniche ginecologiche, pubbliche - quelle milanesi - e privata - quella di un noto ginecologo romano - non fossero tenute a garantire che tutto si svolga nell'ambito dei canoni igienici che la professione tutela ed il prestigio dei fecondatori - in senso induttivo - comporta. Cade così un altro tabù, fortemente radicato nel costume familiare e nazionale: la virilità identificata con la paternità, in senso arcaico..biblico, il seme con la discendenza a cui attribuire il proprio cognome, quello della Gens, ora a rischio di riforma matrilineare ( o matriarcale? ). Ma è proprio scomparso il tabu? In senso reputazionale, no, dato che è assicurata la più stretta riservatezza circa le generalità della coppia ricorrente e, quindi, del genitore maschio, il marito che si farà subornare, in quasi tutti i casi, dalla volontà della moglie di essere madre e, che come conviene al buon pater familias di una volta, si accollerà tutti gli oneri, che l'oscuro donatore ( quasi sempre uno studente, sano ma squattrinato ) gli procurerà. Mater semper certa est, pater numquam. E' sempre stato così, del resto. Basta che non si sappia in giro.

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