mercoledì 9 aprile 2014

Il peso della colpa.

Con la crisi, la cui origine è nelle pretese contabili dell'europa ricca, dopo che a far scoppiare il bubbone provvidero i subprime statunitensi, il prisma dell'antisemitismo, deformante nei due sensi: verso il volgo, che li vede come subdoli congiurati pultocratici e verso l'inclita che li considera dei pericolosi apolidi della finanza, capaci di mettere in crisi le loro consolidate - ma non per sempre - fortune, riprende a produrre i suoi riflessi e a diffondersi trasversalmente nelle società. La crescita della destra razzista e nazista, nelle aree tradizionaliste interne agli Stati dell'unione europea, presenti ed attive nella parte orientale del continente ed in quella meridionale, configura una situazione, per ora minoritaria, di disordine e revanchismo, del tutto speculare a quella delle sventurate e corotte nazioni sud americane, quale che sia il colore cangiante dei nuclei ora al governo, ora all'opposizione. Da tempo, "analisi" fatte in casa e al ristorante, vengono diffuse nei luoghi di lavoro, nei convivi fra amici, dal barbiere o al bar. Ma l'asimmetricità della nazione ebraica le rende, ogni volta, credibili o almeno in grado di insinuare il dubbio, anche se l'affermazione è fine a se stessa, non preceduta da una dimostrazione accertabile, fondante. Siamo nello stesso ambito dell'emigrazione che ruba il lavoro, come se, in questo sistema, senza produzione potenziale di ulteriore ricchezza, si dia luogo a lavoro vero, stabile, tanto che non ce ne è più né per gli immigrati, né per gli indigeni, che ripartono o diventano a loro volta migranti, al seguito di un miraggio. Ma tant'è: se sei al di fuori, non importa di che cosa, sei sempre colpevole.

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