sabato 12 aprile 2014

I coatti a confronto.

La contestazione romana per la casa "diritto di tutti" è sfociata in una rissa per le centrali via Veneto e via del Tritone. A fronteggiarla, nella solita tenuta da Ninja, la polizia, che più che controllare e accompagnare un corteo dai contenuti caldissimi della subura romana, è sembrata osteggiarla con un atteggiamento che la violenta e improvvisa gragnuola di bombe-carta non giustifica. La polizia, infatti, in questo come in casi analoghi del passato, sembra ostare provocatoriamente alla manifestazione, mentre invece dovrebbe solo impedire che vengano commessi reati, che, fino alla testugine degli scudi e degli anfibi non si erano prodotti. La contestazione è stata certamente messa in atto dai collettivi romani, dai centri sociali, che a Roma assumono aspetti deprimenti e avvilenti e la questura non poteva ignorare la forte componente emotiva, primitivamente emotiva, che avrebbe potuto caratterizzare il percorso. Insomma, se la possibilità di degenerazione esplicita di situazione endemicamente degenerate era possibile, con la solita sofisticheria operativa, la polizia ha acceso la miccia, mentre la sua azione sarebbe stata lecita solo dopo il primo accenno di illegalità, non prima. La prevenzione non c'entra, dato che non si è prevenuto nulla e si è rinfocolato un sentimento di contrapposizione, neppure ben definito nella mente dei partecipanti. Se Pasolini avesse assistito alla manifestazione odierna, non avrebbe visto gli studenti borghesi e viziati che assalivano i poliziotti, inurbati dalle campagne, ma un sottoproletariato, escluso e violento, davanti alle grottesche caricature dei fumetti giapponesi, che non corrispondono in nulla alla retorica di corpo che le gerarchie e i ministri ci ammanniscono dopo ogni situazione consimile, che spesso sfruttuano, quando non chiedono di provocare, per pubblicità politica. A sinistra, queste "frange" non hanno mai goduto di simpatie, perché rappresentano "cani sciolti" non assimilabili alla grigia austerità istituzionale ( in un paese di ladri )dietro la quale gli apparati dei sindacati dei movimenti popolari, ma garantiti al minimo da un lavoro, si sono sempre abbarbicati e nascosti, costituendo attraverso i servizi d'ordine degli operai le prime e insuperabili linee di difesa dalla protesta indiscriminata. Il guaio è che da tempo la pseudo-sinistra non rappresenta più le masse lavoratrici, anche perché, negli ultimi anni, sono diventate masse disoccupate ed essendo composte prevalentemente da giovani o da "coatti", di mezza età ( ma c'era anche un manifestante in sedia a rotelle ) non hanno subito il condizionamento ed il lavaggio del cervello degli apparati territoriali della CGIL e dell'ex PCI. Ormai, il vecchio sindacato è alle corde e il suo posto, nelle grandi città, è stato occupato dalle Unità sindacali di base e la sinistra che un tempo fu extraparlamentare, è ormai un comitato spontaneo e pluriforme, che assomiglia alla "teppaglia" degli slums, ma non ha ancora rinunciato a qualche forma disperata di riferimento politico, che, ripartendo da zero, vive come può nella terra bruciata dal trasformismo. Anzi, la composizione "politica" di queste schiere, è spuria, varia, insomma occasionale e raccogliticcia e ciascuno vi vive altri, particolri asociazionismi, conflittuali con gli altri. Ma il guaio maggiore è che ormai si attagliano a questi sprovveduti, violenti ma in gran parte spauriti protagonisti di una protesta fine a se stessa, perché privata di interlocutori, i caratteri dell'utopia senza avversari, se non fosse per una stupida contrapposizione poliziesca, che, temo, diventerà la cifra prossima ventura, di una società della relegazione.

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