venerdì 18 novembre 2016

Gli interessi compatibili.

Ogni quattro imputati per associazione mafiosa, in Lombardia, uno è un imprenditore, Nicola Cosentino, in Campania, era attiguo al clan dei Casalesi, favoriva le assunzioni che i camorristi gli sollecitavano e si valeva della loro "moral suasion" elettorale: quando necessario, dell'intimidazione. Che l'imprenditoria sia l'altra faccia del proletariato che presta il suo lavoro, compreso quello intellettuale, è un dato empirico acclarato; il circuito di incremento degli affari, dei "fidi" alternativi e della connessione amorale, sono una mafia in divenire. Nel sud borbonico, i fantaccini politici mediano i traffici dei potentati locali, che ne delegano l'esecuzione alle associazioni criminali. Il potere di queste ultime, è un demando non dissimile da quelli che vigono nelle organizzazioni aziendali, formali od informali. Il Governatore della Campania, De Luca, una figura, come tante, facilmente sostituibile, ha definito la Presidente della Commissione antimafia, Rosy Bindi, che l'aveva reputato, nel 2015, impresentabile, un'infame, soggiungendo che andrebbe uccisa..come la figlia di Borsellino alla sanità siciliana. Il governatore della Campania, sempre l'impresentabile De Luca, parla ai sindaci della Campania come un boss della malavita ai suoi picciotti. parla come un cafone ignorante, avido solo di soldi pubblici in cambio di voti, quelli che la mafia ha storicamente spostato, all'interna delle pluripartitiche coalizioni di governo, in cambio di favori clientelari, che, fatta salva la quota per sé e per i picciotti, servisse a fidelizzare la plebe votante, nelle sue patacche digradanti all'interno dell'organizzazione (sic!) sociale. Il sistema elettivo, imposto dagli americani e dagli inglesi non si attaglia al mezzogiorno: lo iato culturale è incolmabile. La Lega è una plebea consorteria popolare, non è la soluzione del problema, ma attardarsi a foraggiare - come ha fatto Renzi, afferma esplicitamente De luca - il mezzogiorno borbonico è uno spreco insensato. L'Italia non è una se non nella testa bacata di un reuccio e di un tribuno massone a cavallo: la parte meridionale dell'attuale Paese può stare in Europa solo come ci sta la Grecia. Ha solo inquinato le aree produttive del nord, approfittando della crisi e della mentalità grettamente bottegaia, così simile a quella del proletariato salariato, degli imprenditorini. Mario Draghi, un altro prodotto del clientelismo italiano, uso a ricattare - con successo - le studentesse, come il professore bolognese recentemente arrestato a Torino, quando era docente a Firenze, sostiene che la ripresa è lenta, quasi inavvertibile, ma costante. Fotografa - e lo sa -, nel mistificarla, la realtà di un indebolimento, ormai sistemico, della capacità di reddito delle fasce popolari, prive di rappresentanza politica e del medio ceto, ormai sprofondato ai limiti del comparto inferiore, che con il loro faticoso e indebitato lavorio di puro mantenimento, imprimino all'economia un andamento da tartaruga, mente i possessori di ingenti ricchezze le hanno già delocalizzate in luoghi esotici e sicuri, come le loro attività. Continuo a chiedrmi come questo miasma sia ancora interessante per un'entità fluida e gassosa chiamata Europa e quali possano essere gli interessi, in cotale compagnia, dei Paesi centro settentrionali dell'Unione che la rappresentano monetariamente ed economicamente, ma non ancora politicamente. Deve essere un interesse o una gamma ( un grumo? ) di interessi, compatibile con il fetore che producono, da un certo parallelo in giù. Mai come oggi, priva della sua componente comunista e resistenziale - che con la democrazia, a sua volta non c'entrava per niente, ma che equilibrava gli egoismi particolari e il plebeismo dei favori e delle fedeltà richiamate - l'Italia appare come quella cloaca che è.

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