domenica 6 novembre 2016

Da Saddam ad Erdogan.

In Turchia, dopo dieci anni di governo "putiniamo" di Recep Erdogan, la repressione pre colpo di Stato di qualsiasi movimento organizzato di opposizione, l'arresto di tutti i giornalisti a lui contrari ed il tentativo di deporlo attraverso un colpo di Stato condotto parzialemnte dalle forze armate, la repressione indiscriminata verso tutti gli oppositori politici ( non solo i golpisti ), ha cominciato a provocare una replica armata che potrebbe trasformarsi in una guerra civile. La società turca è pregna di fazioni, simili, almeno quanto a corruzione e violenza, alle organizzazioni criminali: Erdogan e la sua famiglia, ne fanno parte e un ulteriore prolumgamento del suo potere ne accentuerebbe la voracità. Gli oppositori in armi, fomentati e finanziati dall'estero, ma ben radicati all'interno, vorrebbero solo la loro parte e, per ottenerla, sarebbero disposti, dopo aver conseguito il potere, ad ogni sorta di compromesso morale e politico, sul quale si innesterebbe altra violenza. Pare che dopo l'eplosione di un'autobomba nella città più popolata dai Curdi, solo ieri, ci sia dtata, questa notte, una violenta sparatoria all'interno dell'aeroporto di Istanbul, già teatro di un attentato pochi giorni prima del tentativo fallito di un colpo di Stato. Probabilmente sono le stesse dinamiche sotterranee che continuano a produrre i loro effetti, ma non possono essere mere beghe interne. La trasformazione putiniana, in senso diplomatico, con la riscoperta di un amico e di un slleato tattico, per tenere a freno gli avversari interni ed internazionali, europei e nord americani, insieme all'ambivalenza: "saremo feriti, ma resteremo alleati degli americani", con un canale diplomatico aperto con la Russia, non deve avergli giovato: la Turchia non è l'Italia che può tenere i piedi in due staffe senza costituire un pericolo per nessuno ( pur avendo pagato più volte, sanguinosamente, i suoi deboli levantinismi ). Questo grande duro, multiculturale Paese, non conosce spirito democratico e pretenderebbe di risolvere i problemi e cancellare le differenze con la forza, come i Serbi nella ex Jugoslavia, ma al suo interno ci sono organizzazioni potenti e in sonno, ma sempre vive, pronte, al momemto opportuno, a ricominciare a combattere con il metodo della guerriglia e degli attentati. Il Governo di Erdogan si è profuso in ambizioni multiformi, tutte autoreferenziali, cercando l'appoggio e le alleanze variabili, di amici e nemici..fra di loro. Da questo nasce una debolezzza che la violenza indiscriminata, ma mirata del potere, non riesce a nascondere. In Turchia si combatte una battaglia della terza guerra mondiale frazionata, nella quale i Rais regionali non sono consentiti, mentre, per rinsaldare il proprio potere in contesti mafiosi, tattiche e strategie autoctone premono in direzione pericolosamente ( per loro ) contraria.

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