domenica 16 ottobre 2016

Quando è necessario essere soli, si possiede un'identità definita.

Lo Stato di Israele ha sospeso indefinitamente i suoi rapporti e la sua collaborazione con l'Unesco, l'Ente culturale delle Nazioni unite che elegge i simboli "patrimonio dell'umanità", perché, essendo un'istituzione politica oltre che culturale, ha denominato tutti i luoghi santi di Gerusalemme, attribuendoli ai musulmani, sulla base di una votazione a maggioranza, della quale ha fatto parte l'Italia di questi tempi. Isreale difende, chiudendosi, la sua identità culrurale sionista: La spianata delle moschee è, per gli ebrei, il piazzale prospiciente al Tempio di Re Salomone, ai piedi del quale si erge, rudere, il Muro del pianto. Nella toponomastica dei fabbricati è implicito il desiderio di primazia o di dominanza delle religioni in conflitto. Più appartata, la Grotta della natività, trasformata in chiesa, alla quale si accede da una bassa porta, chinandosi per entrare. Sulla simbologia riposa l'identità, sull'archetipo, il senso di sé. Anni fa, il Santo subito, Giovanni Paolo II proprose l'internazionalizzazione della Città, lui nazionalista in patria, riassimilando, di fatto e di diritto, gli ebrei di Sion nel contesto multireligioso, nel quale le religioni proselitistiche godono di un indubbio vantaggio, anche nelle istituzioni internazionali, che presumono di fissare gli equilibri. Ma, con Israele e con l'ebraismo, non ci riescono. Nell'ambito delle tre religioni monoteistiche, del Libro, gli Ebrei reclamano ed ora sono in grado di affermare la loro primazia, la primitiva origine di un popolo esule, dal quale nacquero, per diversi accidenti storici, le altre due: in competizione veterotestamentaria l'Islam, in sovvertimento evangelico, il Cristianesimo, diffusosi sulla macerie dell'Impero romano e diffusosi fra i popoli europei e, attraverso il colonialismo e l'emigrazione, nelle americhe meridionali e settentrioneli. Gli Stati nazionali anglo sassoni assorbiranno, in parte il cristianesimo nei riti riformati, mentre la secolare dogmatica cattolica regna, fra mille contraddizioni, come puro potere, nei paesi latini. Ad oriente vige la versione ortodossa originaria della Grecia, come l'alfabeto. L'ebraismo, anche per i non credenti, resta una discriminante culturale, etnica e politica che reagisce istintivamente, ogni qual volta l'omogeneizzazione rischia di omologarla secondo le maggioramze assembleari di questa o di quella "Agorà", locale o internazionale. Ecco che gli Ebrei, accusati di essere lobbisty condizionanti ( sono lobbisty condizionanti per se stessi e interagiscono con tutte le altre lobby costituite nel mondo, come chiunque altro )sparigliano le lobby diplomatiche quando tentano di metterli sotto, non nell'angolo, perché in quello sono abituati a stare e nel quale e dal quale hanno sbeffeggiato il mondo "dialogante" con la loro dialettica culturale e finanziaria. La veste culturale dell'Unesco non li ha confusi, nemmeno per un momento. La decisione è stata spiegata con motivazioni esclusivamente politiche, provenendo da un ente politico e subordinatamente, o meglio, sinergicamente, culturale. Gli Ebri restano fuori, forti della Genesi delle religioni monoteistiche prevalenti nel mondo, prevalenti perché sul loro substrato si fondano le economie e le loro braccia militari, fino ad ora determinanti e le diplomazie decisive sul destino del mondo. La crescita dell'Asia e della Cina soprattutto potranno mettere in crisi questo equilibrio competitivo e, forse, gli ebrei torneranno nel Ghetto morale nel quale si conservano e si perpetuano. Gli asiatici non conoscono certe finezze culturali e i sottesi interessi e si troverebbero sconcertati ma non inermi: probabilemnte cercherebbero di eliminare o emarginare il "problema". Gli Ebrei ritornerebbero ad essere il popolo dell'ombra, al riparo incerto della quale tornerebebro a ritessere il loro cammino, necessariamente errante, lasciando in ogni musica, storia, rappresentazione teatrale di artisti di ogni dove, la loro formidabile e inutilmente rimossa influenza.

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