domenica 9 ottobre 2016

Intorno al desco.

In molte famiglie italiane, la sera, dopo una giornata di nevrosi lavorativa, si raccolgono i cocci di una situazione economica declinante. Le diverse situazioni, demografiche soprattutto, non sono paragonabili, ma tutte sono caratterizzate dall'ansia per la crescente difficoltà di sostenere le spese, nonostante la ritirata dagli acquisti. La seconda e la terza parte della vita ripiegano, per molti, nell'indigenza. Non esistono solo le illusorie speranze dei giovani di avere un lavoro garantito: chi viene dalle classi subalterne dice che sarebbe disposto ad accettarne uno qualunque, chi è di estrazione statale-borghese è intrinsecamente intriso di pretese, la cultura diffusa, proprio per questo è, da un lato richiesta e dall'altro sottoremunerata, in esclusivo rapporto alla sua resa, chi reclina verso la vecchiaia da solo, per scelta, per cause accidentali o per interruzione di rapporti, deve temere i primi acciacchi, non più garantiti dallo Stato e demandati, per chi se lo può permettere, all'assistenza privata. Spesso, in questa situazione disillusoria, nelle famiglie, nelle quali i membri hanno posizioni, ottiche e prospettive diverse, una parola mal spesa provoca ritorsioni verbali e minacce, colpevolizzazioni ed rappresaglie, talvolta solo psicologiche, ma coinvolgenti, influenzanti, verso chi studia e si impegna per affrancarsi esistenzialmente dalla famiglia di origine, che, in questi frangenti, si pone come un'azienda, un'entità economica ( in parte lo è ), nella quale i figli, adulti ma non ancora usciti dalle spese, sono improvvisamente avvertiti come "esuberi", "responsabili" dei scrifici dei capostipiti, che "saranno sotto terra" quando codesti ricercati, a suo tempo voluti, profittatori godranno i frutti dei loro sacrifici. In tutto questo, spesso non c'è logica né valutazione distaccata dei tempi residui di supporto verso i figli, ma, nelle difficoltà, prevale il "qui ed ora" ed anche la sentimentalità appare improvvisamente retorica. Anche se in ambito borghese, per archetipi simbolici, alle parole aspre non seguono i fatti, la ruvida espressione può indurre insicurezza in situazioni altrimenti difficili. Che avesse ragione Carlo Marx, che sosteneva che nessuna entità o struttura organizzata, nessuna individualità e nessuna famiglia potessero essere analizzabili in un'ottica diversa da quella economica? Io penso di si, o meglio, che estrapolando la dimensione materiale e, quindi, economica della vita, si riveli, per reazione "chimica", l'inconsistenza degli altri postulati, che invece si camuffano e si sovrappongono nelle condizioni stabili, sicure e consolidate. Esiste una sentimentalità mediocre che mantiene se stessa in ambiti prerazionali e in situazioni di costante bisogno, in rapporto al quale si nutrono aspirazioni di assistenza che, in capo a qualche tempo non saranno più assicurabili. La società che si prospettà e che, in parte, è già nei fatti, ma non nei suoi corollari sociologici e nella sua dissipazione culturale, è una società disomogenea, nella quale le masse povere, cronicamente o impoverite, finiranno relegate in qualche periferia assediata dalla polizia. Intorno al desco, fra le lamentele rivolte al destino, le interruzioni per insofferenza e le liti che ne scaturiscono, si cominciano a comporre le geremiadi di un esito temuto, ma atteso.

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