sabato 29 ottobre 2016

L'"ira e la violenza bona".

In un'aula del Tribunale di Reggio Emilia sta andando in scena uno spaccato della mentalità mafiosa o, meglio ancora, della sottocultura antropologica che ne rende possibile non solo la manifestazione, ma l'efficacia omertosa ed intimidatoria, a salvaguardia delle trame lucrative e dell'impunità di questi rozzi mascalzoni. Cetto La Qualunque o Grande Aracri, pari sono. Lo spirito silenzioso, sospiroso o appena accennato, le smorfie di rimozione e gli ammiccamenti, lasciano tutto lo spazio ai segnali, agli avvertimenti, alle minacce, alle prime ritorsioni sulle cose, mentre la strategia prevederebbe di assorbire e narcotizzare i contrsti, inaridire qualsiasi dialettica, sovrapporre, a una società, un costume paralizzzante. La violenza, per ora simbolica, esercitata cioè, con solo danneggiamenti ai beni dei testimoni, ne sta convincendo troppi a contraddirsi, a sminuirsi nella fase dibattimentale ed a reinterpretare anche le registrazioni agli atti. La mentalità retriva e regressiva dei cutresi o cutrini, con i suoi trentamila "emigrati" in quella piana non particolarmente popolosa, si manifesta nell'unico luogo e contesto nel quale, pur applicata, può essere letta in controluce e contraddetta, ragione per la quale, ai protagonisti offesi viene imposta o si cerca di imporre un'alleanza, basata non più sui finanziamenti e sugli affari comuni, ma sul "maggior vantaggio" di contraddire la verità: una sorta di contesa "intimidatoria" fra lo Stato e le cosche, rialleatesi al nord, ma sempre in un'ottica privilegiata per loro e autoreferenziale. Per questo la lotta non si può esaurire nella pur importante circostanza di un processo o nelle indagini costanti che devono seguire il fenomeno, quando si manifesta, come una malattia, nel corpo sociale: ci vuole anche un contrasto sul campo, che intimidisca gli intimidatori e ne prosciughi la suggestione finanziaria, che ha coinvolto anche poliziotti, carabinieri e funzionari dello Stato: figurarsi degli imprenditorucoli. Rispetto a forme aliene - finchè lo sono - di cultuta e di costumi, va mantenuta la giusta distanza, per non farsi innescare nei suoi meccanismi, ma la "violenza bona", in questi casi è indispensabile. La malattia silente, prima di manifestarsi, quando è troppo tardi, viaggia con i suoi "untori" e contagia con naturalezza i tessuti omologhi, ma ancora non intaccati, ovunque e la sua "internazionale" speculativa è senza confini, per cui ci vogliono vaccini, ma anche cure d'urto.

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