domenica 30 ottobre 2016

Natura, cultura e civiltà.

Mentre le appartenenze politiche si autoconvocano in piazze semideserte, con il capo del governo non eletto, a discettare di terremoti legali e politici, la terra trema ancora, le faglie sembrano lontane dall'essersi assestate e, per farlo, in profondità, fanno crollare le apparenze superficiali, sulle quali si fondano tutti i riti. Un vice ministro israeliano evoca la punizione divina in senso strettamente biblico, per la pavidità conformistica dell'Italia, proprio all'Unesco, sede istituzionale della cultura, dove ipocrisia dovrebbe cessare, se non fosse, appunto, un'istituzione. Il freddo comincia a pungere e la parte incolume a temere. La faglia, dopo i terremoti dell' Aquila, dell' Emilia e, recentissimo, delle Marche e dell'Umbria, continua a dissestarsi, a catena, per riassestarsi e, oltre a vite transeunti, cancella le memorie storiche e artistiche, i simboli di civiltà che si sono ibridate e poi sovrapposte, spacciandosi per originali ed imponendosi sulle precedenti. Le certezze, immemori di ciò che le aveva precedute, mentre crollano, si rifanno ai principi astratti - la base dell'esistenza sperabile - per sopravvivere, ma in uno stato di abbattimento non più ribaltabile in una prospettiva. La terra, indifferente alle costruzioni mentali degli uomini, prosegue fino alla sua stessa estinzione, un ancora precoce sommovimento caldo del suo "inconscio". Eppure, la contesa "comunale", sotto il maglio dell'Impero, in superficie, continua a conciliare interessi e solidarietà essenziale , forme ed auspici, la maschera con lo smascheramento.

Nessun commento:

Posta un commento

Sono graditi i tuoi commenti