giovedì 13 ottobre 2016

Oggi si muore, domani si replica.

Di Dario Fo conservo, oltre ad un quadro con dedica, comperato in occasione di una vendita per beneficenza - mi pare per acquistare carozzine per paraplegici a Milano - il ricordo narrativo delle tante rappresentazioni teatrali a cui ho assistito. Il suo laboratorio consisteva di una platea di studenti sul palco dove recitava: io me ne stavo in platea e non mi è mai sovvenuto di penasare che avrei voluto salirvi anch'io. Forse, in altri tempi..a ritroso. Per me, Dario Fo è stato un'icona dell'incompiutezza complessa e geniale e, in questa scelta è stato emblema dell'indeterminatezza popolare, secondo l'ottica del potere reale e delle convenzioni dei ridicoli replicanti delle classi subalterne che in quei canoni, per loro destinati a rimanere alieni, si adagiano e di cui si fanno vessilliferi, come un qualunque "bravo" o squadrista. Autore di testi teatrali, che poi recitava, ha portato - non sempre comprensibilmente - sui palcoscenici borghesi lo stranazzare illetterato della plebe più primitiva, dotata di un salace e inomologabile scherno sincero e senza mediazioni verso il carnevale dei potenti rimiranti se stessi e dei loro valletti che vi si rispecchiavano. Ha cercato di essere un pedagogo e c'è riuscito parzialmente. D'altra parte non si può essere "educatori" che di una parte e la sua era ben al di là ed al di fuori da quella rappresentata dalla sinistra istituzionale, incapace di comprendere di essere astorica, come il dissolvimento del comunismno ha dimostrato. Per questo, riteneva che la genuina rappresentazione popolare risiedesse nel sarcasmo, nello schiamazzo, nell'alfabetizzazione relativa dei singulti dialettali dei borghi e delle campagne e nel Medio Evo, nella confusione fra i vecchi riti legati alla terra e la dominanzione cattolica aveva riposto la scenografia più adeguata al suo disarticolato, ma acquisibile messaggio. Rimanendo preda delle emozioni, non ha mai offerto a chicchessia un'alternativa politica praticabile, ma ha irritato e destabilizzato nell'intimo tutte le sensibilità ipocrite, laiche e religiose o comunque camuffate nelle sembianze del potere, tanto da ricavarne astio, un astio emozionale capace di tutto per negarlo, occultarlo, ma incapace di replica. Mentre nella provicia domestica Dario Fo veniva estromesso dai media e dagli spettacoli devoti o devotamente compatibili, le sue opere venivano rappresentate in tutto il mondo, in tutto il mondo meno asfittico e vietate, ad esempio, ancor oggi, in Turchia, prima e dopo il tentato colpo di Stato. Ha avuto dalla sua la capacità rarissima di vivere alla faccia del mondo ufficiale e questo, ne sono certo, gli vale e gli varrà, l'invidia dei costretti nel conformismo delle convenzioni. La sua è stata opera teatrale, centrata sulle rappresentazioni che sono della stessa famiglia evolutiva dei comizi, delle processioni o dei cortei, dei paramenti e delle scenografie, delle dialettiche fascinatrici del dibattito politico, mai così misero e insignificante, negli ultimi decenni.

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