domenica 12 giugno 2016

Sono i principi a mancare.

Nelle strade di Marsiglia, uno dei poli della criminalità gangsteristica mondiale, si sono ripresentate le riproduzioni generazionali degli hooligans britannici: i figli, forse i nipoti nei casi più precoci, si sono scontrati con i supporters russi, prima di una partita finita in parità. Questa generazione di hooligans non ha trovato terreno libero e inerme alle sue scorrerie: dall'altra parte c'erano gli "Urka", che in russo indica colui che inclina alla criminalità, ma è ancora un teppista. I barbarici contendenti erano accumunati dall'uso dell'alcool, ma i russi non sono ancora catatonizzati dagli stupefacenti e, soprattutto, sono ancora ben vigili e combattivi nel loro ecosistema , che non li ha ancora relegati negli slums, dove, pur giovani ed energici, assopirsi e poi spegnersi come un leone in gabbia. Così lo scontro è stato all'ultimo randello e ad avere la peggio è stato un giovane inglese, ridotto in fin di vita. Alla sera, sugli spalti tutti intonavano gli inni nazionali, bellissimi, ma solo da parte inglese partivano fischi all'indirizzo di quello russo. Anche i numerosi giocatori di colore dell'Inghilterra, intonavano ispirati "Dio salvi la regina", ma non risultavano credibili. L'Unione europea è un sacrificio inutile. lo stanno ripetendo i fautori della Brexit nel Regno( poco ) Unito, che citano ad esempio la scomparsa dell'industria manifatturiera italiana, leader nel mondo prima dell'improvvida, forzata e corredata - come da tradizione - fuga di Prodi, che ha consumato, nell'occasione, la sua ennesima "capella" da economista speranzoso o in mala fede, incursione affannosa nell'euro. Intanto, l' AUDI, da pochi anni proprietaria della Ducati, ha messo in vendita la prestigiosa, tecnicamente, azienda motoristica bolognese. Contemporaneamente, l'AUDI-Lamborghini ha impegnato per un'intera giornata le sale del Baglioni per un meeting storico, che ha visto l'esposizione di auto d'epoca in Piazza Minghetti e la sfilata sul circuito di Sant'Agata Bolognese, delle auto d'epoca revisionate per farle correre di nuovo. "Dobbiamo pagare le multe che ci hanno comminato, nel mondo, per le false dichiarazioni sulle emissioni dei nostri motori diesel e dobbiamo fare un po' di cassa". Mike Piazza, un italo-americano che ha fatto i soldi giocando a baseball negli Stati Uniti, è il nuovo proprietario della Reggiana in terza serie, come Joe Tacopina a Venezia, Joey Saputo a Bologna, James Pallotta a Roma. Sarà casuale, ma come i ristoranti cinesi e la rete d'imprenditoria ortrofrutticola pakistana, non è rimuovibile il sentore di mafia che comporta e che dovrebebre esere analizzato, sotto traccia, con attenzione ed impegno. I flussi incontrollati della finanza stanno invadendo l'Italia, come Cuba prima della rivoluzione che, da noi, non ci sarà. Fino a non molto tempo fa, la dialettica lavorativa vedeva contrapposti capitale e lavoro e, su quella base e con l'aiuto dello Stato, si conciliavano la sedimentazione e l'incremento delle rendite investite e l'evoluzione, lenta e contraddittoria, ma reale, delle classi subalterne. Adesso, invece, si sciopera per etnia: certe mansioni sono appannaggio dei pakistani, altre dei tunisini, altre ancora dei marocchini. Questi lavoratori d'importazione, molti dei quali sono clandestini, si fronteggiano, bloccano la produzione di un reparto, vengono sostituiti dai crumiri di altre nazionalità. I proprietari tacciono, in parte perché assoldano, per il tramite etnico, molte braccia attraverso il caporalato interno alle nazionalità, spesso interno allo stesso luogo d'origine e in parte perché, accettando pericolosamente questa etero-direzione organizzativa applicano il "divide et impera" di ogni tempo e contingenza. Molti non capiscono più a che cosa serva questa becera Unione europea; i suoi custodi per conto terzi, dopo aver pronosticato miseria e relegazione in caso di affrancamento delle masse che, o vi sono già ridotte, o si stanno incamminando in quella direzione, adesso insinuano che la pace sul continente, dalla fine della seconda guerra mondiale, sarebbe di nuovo in pericolo, perché, venuto meno l'equilibrio bipolare fra il capitalismo ed il comunismo, le differenze evidenti e storiche fra le nazioni porterebbero di nuovo a guerre e ad allenaze belliche, come si fa nelle coalizioni politiche, prima che la guerra si sotituisca temporaneamente alle contese verbali. C'è da rimanere allucinati: il progetto europeo si basava, alle origini, su principi che, lungi dall'essersi trasformati in mera filosofia, sono l'humus e la base costituente di qualsiasi progetto ed andrebbero tradotti in norme cogenti, mentre la flessibilità controllata dei cambi o il serpente monetario servirebbero - come sono già serviti - a rafforzare l'energia, oggi rattrappita, del continente europeo, mentre una difesa coordinata e comune e uno status politico univoco di rappresentanza, verso tutti i soggetti, collaborativi ed alleati, oppure ostili ed invasivi, sarebbe il tracciato post traumatico di questa europa fallita. Ma forse questa unione vincente farebbe nel tempo la fine della ex Jugoslavia, trasformatasi da grande Paese rispettato dai due blocchi, in alcuni piccoli frammenti insignificanti o invece imploderebbe sotto la pressione degli appetiti particolari del mosaico caotico e nell'evanescenza della mancanza di principi condivisi e di strutture statuali in grado di imporli.

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