lunedì 20 giugno 2016

Cambia solo la scenografia.

Se domani mattina gli exit-pool troveranno conferma, avremo due sindaci del M5S - che io ho abbandonato - a capo dell'amministrazione romana e di quella torinese. A Roma. gli elettori hanno conferito a Virginia Raggi il doppio delle preferenze del candidato di sinistra post-Marino, tanto che qualcuno ha ipotizzato un complotto per far naufragare nella palude non bonificata ogni velleità di buon govermo. La Raggi, come Chiara Appendino, eletta con altra logica nella severa Torino sabauda, rappresenta l'extrema ratio sperimentale di un elettorato di sentimenti conservatori e tradizionali, per "vedere" l'ultimo bluff della politica, ma la débacle della pseudo sinistra a Roma e, soprattutto, a Torino ex città operaia per definizione, prima dell'esodo della FIAT, marca la fine della sinistra marxista e non consente il decollo del partito della nazione di Matteo Renzie. L'ultimo dei comunisti trasformisti, Virginio Merola trascina una candidata leghista, che aveva ottenuto al primo turmo poco più del 10% dei voti, al 45% dei suffragi, ponendola come l'opposizione più forte in Consiglio comunale, antesignana dell'ordine e della lotta metafisica contro il degrado. Sarà un sindaco debole. Queste elezioni amministrative sanciscono la divaricazione netta, nel corpo elettorale, fra i neo democristiani e i post comunisti, apparentandoli per ora nell'inadeguatezza e nell'incongrutià degli interessi di riferimento, più ideologici che concreti, stante lo stato di semi libertà al quale siamo sottoposti, per essere voluti, a tutti i costi, entrare nella camicia di forza della valuta comune. Il sud conferma la sua estraneità e staticità rispetto alle convulsioni, ma anche alla dialettica ( purtroppo in quest'occasione assai vuota ) delle zone produttive e civilmente più evolute o, se volete, più moderne, del Paese. Celebra una sceneggiata "rivoluzionaria" solo nella sua ex capitale, Napoli, tingendosi di arancione come l'Ucraina, pittoreca ma ridotta alla fame dalla sua scelta, con un giudice calabrese, per ruolo ed aspetto inquisitorio e sentenzioso, in un contesto nel quale si scatena la violenza e si sconta la carcerazione anche per dieci euro. Direbbe il Principe di Salina: è cambiato solo il fondale del palcoscenico. L'Italia resta più che mai un paese che, se fosse restato monarchico, sarebbe già da tempo ( penso e mi auguro ) federale come l'Inghilterra e la Spagna e che nell'accrocchio di interessi dinamici e statici mercantili e mafiosi in un contesto pseudo repubblicano ( almeno al sud ) dovrà cercare le veste giuridica per trasformarsi ugualmente in una Repubblica federale, ma dovrà farlo liberandosi dei Salvini od epigoni. Un'impresa molto ardua alla quale potranno dare un contributo i sempre più numerosi astenuti, resi tali dall'evidente mancanza di sceltà. Infine, un'osservazione. I due nuovi sindaci di Roma e di Torino sono entrambi donne; non sono sindache, perché la funzione, in italiano, è neutra, ma per essere elette, tutto d'un colpo, non hanno avuto bisogno d'appellarsi al genere. Sono esntrambe espressione di un costume e una mentalità e, purtroppo, anche di un movimento tradizionali e conservatori, fanno appello all'onestà, al rigore ed alla buona amministrazione, senza favoritismi ( fanno per dire ). Per questo, sulla base del sentimento prevalente, ma purtroppo esclusivamente ideologico, della destra e della sinistra, sono state elette. Penso che nessuno si sia soffermato, neanche per un momento, sulla loro identità di genere. Va così in soffitta anche l'ultimo retaggio del femminismo in carriera, che, sulla base di un sistema chiuso, senza competizione e sotto l'egida di un ente ordinatore, poneva le cariche da assegnare a uomini o donne su di una base d'accesso percentuale. Una accesso totalitario, almeno in ipotesi, ai benefici della militanza, senza qualità né verifiche che non fossero la fedeltà alla vulgata del partito.

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