lunedì 20 giugno 2016

Camaleontismi interminabili.

Che ne sarà, nel prossimo futuro, del welfare, di quel sistema di supporto al reddito ed al mantenimento della salute, del quale lo Stato si è fatto carico dal dopo guerra a pochi anni or sono, un po' in tutto il mondo capitalistico, per paura del comunismo? Attraverso un sistematico, ma rallentato processo ormai ventennale, sancita l'insolvenza di parecchi Stati, ricondotti per le orecchie nell'alveo di una valuta artificiale, le prestazioni previdenziali e sanitarie si sono rarefatte, per lasciar spazio ai surrogati privati e, quanto al loro finanziamento, alle aziende bancarie private, che del welfare faranno un segmento importantissimo del loro core business. Si consideri che lo Stato italiano spende ogni anno 840 miliardi di euro, 500 dei quali sono assorbiti dalla sanità e dalla previdenza. Questi 500 miliardi sono in itinere verso il settore bancario privato. Il sindacato, ormai privo di riconoscibilità categoriale e sociale, si industria, subordinatamente e di bulina, alla finanziarizzazione tentata di tutti i servizi, dato che ormai, almeno in Italia, il segmento del credito alle imprese si è inaridito, lasciandole al fallimento o, nella migliore delle ipotesi, alla micro-attività. A livello di grandi gruppi, ma anche a latere - per ora - della bancarietà domestica, sono nati e stanno crescendo sistemi di welfare integrati, che vanno dai ricoveri ospedalieri, alle cure ambulatoriali, anche odontoiatriche in un numero ancora limitato di casi, passando per le mense aziendali, transitando sulle navette che, da megaparcheggi, trasportano i lavoratori provenienti dall'hinterland alle loro officine. Ci sono poi le nursery e il dopo scuola in locali attrezzzati e si pensa di cofinanziare questi servizi attraverso fusioni finanziarie ad hoc fra aziende del medesimo settore merceologico. Per le banche, ad esempio, potrebbe funzionare da Unicredit alle B.C.C., nei centri più piccoli. Ecco due aspetti da sottolineare: perché limitarne l'applicazione alle categorie professionali? Perché i servizi saranno accessibili solo ai dipendenti dei settori che se lo potranno permettere e chi, meglio delle banche, mentre si preparano ad esportare il modello fuori dal loro recinto, secondo le modalità del prestito? Avrete notato che, anche per andare in pensione si dovrà, per ora facoltativamente, fra qualche anno chissà, cederne una quinta parte alle banche finanziatrici senza costi aggiuntivi per l'erario, per il proprio specifico settore e per tutti gli altri che saranno in grado di pagare. La previdenza diventa, per questa via privata. Limitandoci al credito, va evidenziato che per il personale che temporaneamente manterrà il suo posto, si prospettano delle strane opportunità da paese dei balocchi: ad esempio, si potrà aggiungere alle ferie normali, altri quindici giorni di assenza senza doverli giustificare, durante i quali si sarà retribuiti solo al 35%, ma si potrà godere, se ve ne saranno le possibilità economiche, del proprio tempo o impiegarlo altrimenti proficuamente. Di più. Vi ricordate l'anno sabbatico, senza retribuzione e senza contributi di qualche anno fa? Ebbene, eccolo di ritorno. A discrezione, si potrà sospendere il proprio lavoro, senza perderlo, per un anno intero, durante il quale si sarà retribuiti all'80%; al rientro, secondo un piano di perequazione, si lavorerà a tempo pieno o parziale, secondo una tariffa in grado di "restituire" quanto generosamente donato dal welfare aziendale. E' chiaro che, per questa guisa e con il ritrovato filtro dei sindacati reggicoda, si potranno modulare i costi per l'azienda, le esigenze familiari o personali, costituendo un volano intrusivo nel mega business del welfare calibrato. Queste opzioni sono già a disposizione dei dipendenti dei Gruppi internazionali e - attenzione - trovano la loro sostenibilità nei Fondi, che sono candidati anche a rilevare le banche in crisi..perché solo loro, organismi anonimi ed extrabancari, potrebbero licenziare. Quanto renderà alle aziende di credito, trasformate e snaturate, come i "suoi" sindacati, rispetto alle origini, non è al momento stimabile. Come poi si concili tutto questo, non con il ritiro dello Stato sociale, che è evidente, ma con le dichiarate intenzioni di procedere,a breve a licenziamenti a tappeto del personale delle aziende bancarie in crisi, a cui si è aggiunta di recente anche la Cassa di Risparmio di Cesena e con il metodo della creazione continua di esuberi nei grandi gruppi, per cui se l'anno scorso Unicredit era in auge ed ha assunto mille e settecento giovani, quest'anno ne deve esodare più del doppio, come ha fatto, sempre lo scorso anno, il Gruppo Intesa San Paolo, che, invece, quest'anno celebrerà i suoi fasti, assumendo cento precari, in tutti i sensi, sull'otto volante. Ma tant'è: i lavori preparatori fervono, la nuova ragione sociale del sindacato, di nuovo unitario, sta per essere magnificata, le salmerie, la manovalanza plurilaureata servirà solo di pretesto al business, con i buoni uffici dello Stato, degli intermediari sociali, riammessi all'intermediazione negli affari, ma non nei confronti delle aziende. Il concorso a premi comincia, ma chi perderà improvvisamente gli approdi precipiterà nella voragine dei giochi a premi nazional-popolari.

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