martedì 16 settembre 2014

Di blog in blog.

Pubblico un contributo tratto dal blog di Valentina Nappi. Costei appartiene ad un mondo, molto ascoltato in ristretti cenacoli accademici e giornalistici e molto pubblicato su riviste filosofiche e/o sociologiche. Il mondo dei blogger è vastissimo, vario e policromo e, in quest'ambito, la Nappi si colloca sul versante del post-femminismo giovane, che non ha vissuto cioè, la pluridecennale esperienza, politica e ideologica delle "donne brutte". Sta di fatto che, dalla vulva modello brand della Renault a questo breve saggio di mitologia applicata alla figa, di strada se ne è percorsa. Un mito su cui è opportuno riflettere è quello secondo cui le ragazze ‘facili’, ‘zoccole’, quelle che fanno molto sesso promiscuo – sesso con tante persone diverse, gangbang… – avrebbero la figa ’sfondata’, ’slabbrata’, ‘troppo larga’ e quindi meno avvolgente, meno piacevole da penetrare. In realtà, dopo un periodo iniziale di ‘rodaggio’ (in media di nove-dieci mesi), tutte le vagine da tale punto di vista si stabilizzano, conservando da lì in poi le medesime dimensioni, forma ed elasticità. È inoltre del tutto ovvio che, per quanto concerne le sollecitazioni meccaniche, il sesso promiscuo vale esattamente quanto il sesso monogamico; e le fidanzatine fedeli, in media, non hanno affatto rapporti sessuali meno frequenti rispetto a una pornostar o a una ‘ragazza facile’ che ’si fa’ duecento ragazzi diversi ogni anno. Ma ciò che più conta è che l’esperienza e la consapevolezza del proprio corpo sono decisive anche al fine di trasmettere la sensazione di ‘figa avvolgente, stretta’ (vedi muscolatura del pavimento pelvico). Insomma: le santarelline poco interessate a fare esperienze variegate, ad apprendere da più persone e ad approfondire gli aspetti tecnici della sessualità sono proprio inutili, mentre le esperte sono le migliori persino nel far sentire la figa stretta ai maschi. Ma cosa c’è dietro un pregiudizio così stupido? Probabilmente l’idea, ereditata dal nostro passato, di giovane ragazza come ‘materia prima’. Una materia prima che va preservata, che non va sciupata, che non va sprecata. Quando le baldraccone post-cinquantenni in televisione dicono che le ragazzine dovrebbero essere educate a ‘non darsi via’, a ‘dare un valore al proprio corpo’ eccetera, non fanno altre che riformulare in un linguaggio contemporaneo il vecchio principio di ‘preziosità’ del corpo di una giovane donna, una preziosità che è tutta materiale, che è legata alla riproduzione delle cellule sociali e che è stata sublimata (secondo il solito, ben noto meccanismo) in uno pseudo-valore spirituale. Sapete come si chiama questo meccanismo? Reificazione. Sì, proprio così: reificazione. Che vuol dire: ’spiritualizzazione’ delle cose materiali (nel caso specifico: ’spiritualizzazione’ dell’utero e delle sue potenzialità di riproduzione materiale). Insomma: esattamente l’inverso – proprio così: l’inverso!- di quello che oramai viene inteso comunemente nel dibattito pubblico. Si tratta di un meschino rovesciamento semantico, che ha contagiato anche Wikipedia, vari dizionari, varie fonti online e non. I soldati della neo-premodernità hanno sempre più séguito e stanno imponendo il loro vocabolario, ripetendoci ininterrottamente le loro litanie. Essi sono i nemici della razionalità moderna, della secolarizzazione, di conquiste della modernità quali il formalismo giuridico, la democrazia procedurale, la dissoluzione dell’autorità comunitaria ’sostanziale’ (l’autorità non codificata: quella del nonno, degli anziani, dei genitori sui figli maggiorenni…). Di tale esercito della neo-premodernità fanno parte le femministe delle differenza. Le loro formule – ad esempio sulla donna ripetutamente ‘violata’ che prima o poi (loro lo sanno, loro lo predicono) sente il bisogno di cambiar pelle – non sono altro che una versione raffinata di quelle delle baldraccone televisive sopra menzionate. Ma cos’è questo, se non la declinazione femminile, ‘educata’ e più o meno pseudo-argomentata, degli odiosi insulti maschilisti sulla figa sfondata e slabbrata? Valentina Nappi

Nessun commento:

Posta un commento

Sono graditi i tuoi commenti