martedì 2 settembre 2014

Dalle diverse angolazioni.

La Russia è tornata in campo, sulle tracce della sua dimensione di potenza che la disgregazione, non solo del comunismo, ma dell'intero ordine sociale su cui si reggeva, aveva sgretolato, sembrava irrimediabilmente. L'interpretazione storica del rinato Imperium euro-asiatico, collima con la visione empirica dello scacchiere, nel quale, l'Europa centrale e medio-orientale gli è di nuovo nazionalisticamente ostile, sotto l'egida della NATO e dell'Unione europea. Putin non vuole una coalizione di Stati ostili ai suoi confini e si cautela, attraverso la creazione di cuscinetti e sbocchi commerciali e militari verso i mari caldi. Non esita a scatenare guerre ad ogni approssimazione delle nazioni ostili, fino a quell'Ucraina, che molti degli stessi suoi abitanti considerano sorella della Russia. Vuole circoscritte ma solide basi al suo comando, fra il suo territorio e quello guglielmino e continentale, mentre reagisce alle sanzioni con originali accordi commerciali con la Cina e un'espansione crescente e dichiarata verso la parte asiatica del suo immenso territorio. La creazione di una forza di pronto intervento, dalla Germania ai Paesi baltici,ad opera di una parte della NATO, guidata dall'Inghilterra per conto degli Stati Uniti, ha un compito di controllo: nessuno crede ad una sua applicazione bellica; nessuno crede che la povera Ucraina sarà accolta nella NATO, come da sua reiterata richiesta,in questi frangenti e forse neppure in quelli futuri. Come ai tempi della guerra fredda, si combatte per interposta nazione, mentre anche l'Italia schiera, di nascosto, sessantacinque paracadutisti nella costituenda forza d'interposizione europea, il cui primo progetto fu elaborato nel 2010. Che Putin non abbia tutti i torti nel non volersi far accerchiare, dopo aver rifiutato di farsi assimilare fra i poveri potenziali che il turbo capitalismo produce?

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