domenica 15 dicembre 2013

La macina dei corsi e dei ricorsi.

Vladimir Putin, dopo essersi imposto ripetutamente alla guida del Governo russo, da Primo ministro e da Presidente della federazione, ha finalmente mostrato al mondo che la Russia, fuori dall'Unione europea e dall'orbita di influenza americana, non vuole farsi condizionare dalle ex colonie sovietiche, né vuole lasciarsi intimorire dall'accerchiamento militare occidentale. Ai suoi confini ha già neutralizzato l'adesione alla NATO della Georgia e provocato la defenestrazione di Kavazashvili, ultimo dei ministri degli esteri dell'Unione sovietica nel Governo di Gorbaciov e speculato pesantemente sull'atteggiamento della confinante Ucraina, circa la sua adesione all'Unione europea e all'alleanza atlantica, prima avvelenandone il Presidente uscente, poi favorendo gli oppositori della Tymosenco, comunque ladra come l'attuale vertice del Paese e attualmente in carcere. Parteggia per i filo russi, minacciando di far tangere i confini ucraini al gasdotto, anziché continuare ad attraversarli e subire furti d'energia. L'Ucraina deve scegliere fra l'indipendenza e il gelo. Putin è stato probabilmente una delle parti congiurate nell'omicidio di Anna Politkovskaja - resta nebulosa anche la pista della mafia cecena, che eventualmente non avrebbe agito in dissonanza dalle intenzioni del piccolo Zar - ed è un autocrate che della democrazia rispetta solo le parvenze e i benefici finanziari, dai quali esclude i suoi potenziali competitori con processi farsa, esilio o detenzione. Viene dal KGB e conosce bene la Russia profonda e le strategie internazionali. Dopo la disastrosa esperienza di Boris Eltsin, che aveva voluto con ogni mezzo - anche buffonesco - il potere, durante il quale gli ufficiali dell'Armata rossa proponevano nelle fiere occidentali ogni sorta di armamento trafugato e le onorificenze sovietiche che, per anni, hanno fatto bella mostra di sé sulle bancarelle di paese e finanche in quelle delle Feste dell'Unità ultima maniera, Putin ha puntato in maniera esclusiva sul riarmo e la rivalorizzazione dell'armata russa, che in precedenza si era abituata a non ricevere più lo stipendio. Ha avuto indubbiamente successo. Si è appartato rispetto all'Unione europea, intravedendo in essa una coalizione di Stati contro lo tsunami finanziario innestato e prodotto negli e dagli Stati Uniti, per riaffermare, dopo la Guerra fredda, la loro egemonia, che per essere, deve essere economica o, in questa fase, finanziaria. Ha individuato nella Germania la punta di diamante europea della coalizione NATO in Europa, in quella Germania nemica storica della Russia e dominatrice sugli altri Paesi centro e sud occidentali del continente. La Russia non torna al comunismo, che fu l'ordine post rivoluzionario, né al sovietismo, essendo troppo forte il richiamo delle sirene occidentali, non tanto per le popolazioni, misere come prima, ma meno tutelate, quanto per i neo oligarchi industriali e finanziari, che hanno cambiato casacca. La Russia sembra tornare al suo isolamento eurasiatico. Impossibilitata, per ora, ad espandersi nuovamente verso ovest, cerca di non farsi circondare, né da truppe che teme relativamente, né da sistemi missilistici, che già furono la causa, a livello "stellare" della sua implosione economica. Dopo che gli Statunitensi hanno installato varie rampe di missili nucleari ai suoi confini, adducendo che servivano a fronteggiare la minaccia della nord Corea e dell'Iran, Putin, in capo a qualche mese, ha posizionato i suoi missili balistici sul confine polacco. Gli ordigni non possono colpire gli Stati Uniti ( anche se ne possiede, in grado di farlo ) ma possono planare tranquillamente su Berlino e sul territorio tedesco. Una interpretazione chiara della natura che la Russia politica attribuisce alla Unione europea e, ai vertici ed al cuore della medesima, della Germania e della sua relazione con l'egemonia planetaria degli Stati Uniti. Intanto i Cinesi sono arrivati sulla luna con la loro prima stazione spaziale. Cinquant'anni dopo, il canovaccio della potenza economica, espansiva sul piano strategico e militare, delle comunicazioni e dello spionaggio, della logistica e della possibilità d'attacco-difesa, si ripete. Gli Iraniani manderanno una povera scimmia al posto loro, per ora. Anche questo non è originale. Casomai un po' velleitario ( ma è proprio così? ) per la tecnologica potenza regionale islamica, che ha defenestrato l'alleato principale degli Stati Uniti in Medio Oriente, che ha una base popolare plebea, ma non rinuncia alle ambizioni che, sul piano scientifico e tecnico, oltrechè economico, si può permettere. Non c'è più il comunismo, c'è ancora il capitalismo deindustrializzato, almeno nelle sue forme stabili, nazionali e pesanti, risorgono gli "imperia" territoriali, i popoli regrediscono, per ampi strati, nella povertà. Senza, nella maggior parte dei casi, rendersene ragione. Si comincia un altro giro. Solo le Pussy riot e i movimenti informali, in giro per il mondo, gridano la loro rabbia impotente sotto la crescente repressione di Stati sempre più oligarchici, ma il popolo bove continua a brucare mansueto. Sembra tornare l'età degli Imperi, contro il globalismo indefinito e indefinibile. L'una e l'altra, ancora una volta, coinvolgono ma non riguardano i popoli.

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