lunedì 16 dicembre 2013

Artefici di qualità.

La più accreditata produzione vinicola italiana, che costituiva una festa per le comunità agricole, che vi riscoprivano l'ebbrezza di sopite ma non cancellate, cerimonie vitalistiche, è diventato l'inferno di ignorate comunità di lavoratori migranti, provenienti dalla Bulgaria e dalla Macedonia. Per lucrare profitti sempre maggiori, piccole aziende vitivinicole assoldano braccianti bulgari e macedoni con passaporto bulgaro, senza incorrere nella possibile denuncia per impiego clandestino di maestranze extracomunitarie. A loro dovremo la più sofisticata diffusione dei vini piemontesi, ad esempio, ma non solo. Costoro che erano stati già saltuariamente impiegati negli ultimi anni, trovando ricetto, la notte, nelle auto o sulle panchine, "godono" adesso di vere e proprie bidonvilles, nelle adiacenze dei filari, Le aziende, non più paghe del lavoro occasionale indigeno che la legge consente loro di sfruttare, ricorrono a vere e proprie "agenzie" di collocamento al lavoro macedoni che sfruttano la possibilità di ususfruire del doppio passaporto per le maestranze di "origini bulgare". Come per i calciatori extracomunitari. A prezzi irrisori, i "produttori" possono ususfruire di un lavoro oscuro, molto meno costoso dei macchinari, con una resa stimata in 10.000 euro per ettaro. Riforniranno,a prezzo scontato, le cantine di stagionatura - ottenuta ormai, quasi sempre attraverso la pastorizzazione del vino - e da lì, le bottiglie emigreranno verso i ristoranti e gli empori di vendita che ne moltiplicheranno il prezzo, per una ristretta utenza. Ormai, le strutture intermediatrici e fornitrici della merce-lavoro sono sempre più brutali e incivili, nonostante la concorrenziale deregolamentazione del lavoro autoctono che non può più "confrontarsi" con questi negrieri delle braccia, che, contrastati o privati del loro interesse, si fanno intimidatori verso una offerta che nessuno tutela e garantisce. Il criterio di esclusione è il minor prezzo alla produzione: quanto alla vendita, si fa sempre più costosa ed elitaria, redditizia come ai ben tempi, per i feudi coltivati. Il cosiddetto lavoro non qualificato sembra sparito perché sovrastato da una miriade di competenze tanto diffuse, quanto nominalistiche e d'occasione, mentre se ne usufruisce massicciamente, abusando della miseria, mentre anche le cosiddette "conoscenze", sono pagate in relazione alla loro inflazionata diffusione.Qualità ed eccellenza sono simili al vino "sofisticato" che, tramite povere ombre, viene prodotto.

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