lunedì 23 dicembre 2013

Del non saper che pesci prendere.

Un deputato italiano di origini marocchine ha voluto condividere - vedremo fino a quando e per quale scopo che non sia la mera testimonianza, cioè la propaganda - il centro di detenzione per profughi di Lampedusa. Per ora vi ha domito solo una notte ed ha narrato delle esplosioni di follia, una sorta di latrati disperati che, complici le tenebre, si scatenano all'interno di quei luoghi di contenzione, nell'illusione che la vita all'esterno dei medesimi sarebbe invece facilitata. L'esperienze non è unica, già nel recente passato un giornalista de L'Espresso si era spacciato per clandestino e si era fatto rinchiudere nel C.I.E. di Milano, raccontando di proteste, atti di autolesionismo, accoppiamenti ricercati per rimanere incinte ed ottenere un permesso o almeno una proroga di soggiorno, per finire narrando dei canti, una riedizione degli spirituals degli schiavi cotonieri, durante le ore notturne. La condizione di contenzione libera gli archetipi e suscita la pazzia, dopo un ammaraggio e una traversata fortunosi, perché confina la vitalità in offerta, per impedirne l'effetto distorsivo e distraente rispetto alle abitudini della razionalità usuale. E' intuitivo e sottinteso, anche se si evita di accennarne, che una deriva, una transumanza senza confini - non sembri una mancanza di rispetto - avrebbe connotazioni da favelas potenziali, da barrios in continua espansione, che seppur autoreleganti - con tutte le escursioni criminogene del caso - cambierebbero irreparabilmente le caratteristiche urbane di interi quartieri, di cui amplierebbero a dismisura le dimensioni, sovvertendone le convenzioni di convivenza. Per paura che questo accada e non sapendo come contenere e selezionare l'afflusso che, credo, sia di per sé inarrestabile, si è scelto, di fermarli su un limitare che ormai, in una prassi insensata e crudele che non è più giustificabile. Non sarà l'accoglienza indiscriminata la prossima mossa, ma, per un Paese come il nostro, privo di storiche, nel senso di prolungate e sedimentate tradizioni coloniali, rischia di essere comunque una mossa azzardata. Il contenimento, per cui l'Unione europea fu anche costituita, sembra attestarsi su un'opera di seduzione e corruzione delle gerarchie politiche e militari del continente nero, da parte delle ex potenze coloniali e nell'istituzione, contraddetta dalle parole, di una nuova apartheid, entro i confini dei potenziali emigranti, che si stanno recando in loco armati, per amministrare le contese e monitorarne gli effetti. Tutte cose, che l'Italia, da sola, non sembra in grado di fare, mentre sarebbe molto favorevole a cogestire questi fenomeni di concerto con le altre ex potenze, il cui contegno è però autoreferenziale e non esula da specifici interessi, mentre a noi tocca solo una migrazione composita e indifferenziata, di molte etnie extraeuropee che non conoscono, all'arrivo, neppure la nostra lingua.

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