venerdì 9 settembre 2016

L'algoritmo del destino.

Bisognerà cominciare a riflettere sulle modalità di funzionamento dei dispositivi d'uso corrente e precocissimo - come se l'esperienza fosse relegata in soffitta - che preparano gli spettatori-consumatori del futuro e incartano quelli del presente. Nell'era dei Big Data ( espressione retorica ed enfatica, come in tutte le celebrazioni ) qualcosa di compensato statisticamente orienta scelte e prende decisioni, seleziona-censura ( senza parere, anzi..)i contenuti ai quali possiamo e, potendo, dobbiamo accedere. Il criterio non è altro che la maggiore o minore popolarità, venduto come sinonimo di attendibilità quando lo è solo commercialmente, a prezzi promozionali. I network decidono quali notizie mostrarci, mentre decade rapidamente l'informazione su carta stampata, illustrandoci i nostri presunti interessi. Anche le raccomandazioni di lettura di Amazon sono costruite sulla base dei gusti di lettori che ci "assomigliano". A unificare queste operazioni manipolatorie è un principio "meritocratico". Devo averne fatto un compendio, di queste espressioni, da qualche parte, negli ultimi anni. In che cosa consiste, dunque, la meritocrazia? Nel trasmetterci il giudizio di "eccellenza" formulato da altri utenti/consumatori, dopo averlo confrontato con una serie di scelte che noi stessi abbiamo, in precedenti occasioni, effettuato. Così operando, gli algoritmi diventano i guardiani dello spazio digitale ( così simili ai protagonisti della numerose saghe letterarie e cinematografiche )ricreando e plasmando l'ambiente in cui ci muoviamo, proponendoci altre mete. Mete illusorie, riproposte continuamente. In questa frenesia manipolatoria su basi immutabili, eppur cangianti nelle luci della ribalta, non giocano esclusivamente gli interessi diretti delle Internet Company, che riescono a profilare le tipologie dei consumatori, a rendere più efficaci le pur ripetitive campagne pubblicitarie, le comuncazioni di marketing, le tecniche di fidelizzazione, ma anche e soprattutto le strategie "politiche" di riduzione, di fatto, del diritto alla privacy e ad all'instaurazione di un regime di controllo generale. La politicità di questa strategia commerciale consiste nell'acquisire la capacità di governo delle condotte. Si tratta di una "governabilità algoritmica" che si basa sull'accettazione da parte nostra, di ciò che ci viene suggerito, inducendoci la convinzione di averlo liberamente scelto. I "venditori" promuovono l'idea che nuove forme di governo, generate operando buoni calcoli su dati validi, sarebbero più lineari e quindi buone, affrancate dai "media" e dalle istituzioni medesime, perché la loro comprensione della società nascerebbe direttamente dallo studio e dall'applicazione delle azioni degli individui. E' il criterio applicato dal direttorio aziendalistico del Movimento 5 Stelle, che aveva inizialmente suggestionato anche me. E', quindi, dalla somma o dalla composizione vettoriale delle "libere" volontà individuali che sorgerebbe una volontà collettiva, da tutti condivisibile. Siamo giunti al delirio totalitario delle merci illusionistiche. Il Grande Fratello, nuova versione, finge di mettersi alla pari e si offre all'osservazione, dopo averle fornito le lenti, in cui tutti si possono riconoscere e rispecchiare. Dopo aver separato, a fini analitici, l'interesse economico, da quello politico dei Big Data, è giunta l'ora di ricongiungerli nel loro sincronico parallelismo, con il quale inducono nel consumatore la convinzione di essere stato messo nella condizione di scegliere la soluzione, fino ad allora non individuabile, capace di soddisfare i suoi bisogni e i suoi desideri, ciò che residua del lavoratore, di essere stato promosso al ruolo di imprenditore di se stesso, il cittadino, di essere governato nel modo che lui stesso ha contribuito a scegliere. Sono tre figure differenti di quella stessa mutazione che il debolissimo, anzi falsificatorio pensiero liberista confusionario vorrebbe promuovere, anche con l'aiuto della governabilità algoritmica.

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