lunedì 19 settembre 2016

A proposito di icone..

In questo Paese di terza fascia, l'Italia, la nomina di ben tre Presidenti dell'esecutivo, è stata preceduta dalla "presentazione" di una delle icone della patria retorica: Carlo Azeglio Ciampi. Costui, recentemente "cocodrillato", fu propagandisticamente incensato anche all'epoca della sua inarrestabile ascesa - che Renzi vorrebbe ripercorrere - alla Banca d'Italia, da dove, secondo il "cursus honorum" implicito, fu nominato, chiamato, alla Presidenza del Consiglio, tornò al Ministero del Tesoro, tecnico non eletto, alla Presidenza della Repubblica, alla quale approdò senza passare, prima, per nessuna prova elettorale. Ecco l'antesignano dell'Italia commissariata dai poteri sottostanti alle apparenze istituzionali; ecco perchè ha trovato, "post mortem", tanta acritica e falsa nostalgia. Si è trattato di un processo identico a quello che porta alla beatificazione ed alla santità dei Papi, incaricati, si sa, dallo Spirito santo e di qualche altra figura iconografica dell'area di appartenenza dei conferitori, neppure in nome proprio, ma in quello di dio o di altri principi ed entità trascendenti l'esperienza. In fondo, la prepotenza e la falsificazione dei bilanci, messa in atto da Romano Prodi, ci hanno portato a stringerci da soli il cappio al collo di una moneta che ci ha costretto nella veste di debitori...eterni e ci ha fatto trascinare dalle conventicole delle quali sia l'uno, defunto, sia l'altro, ancora in bicicletta, facevano parte. Prodi, almeno, si sottopose successivamente, dopo una vita all'I.R.I. e nei meandri ministeriali, per ben due volte e vittoriosamente, al giudizio elettorale, che gli conferì meno potere di quanto ne avesse esercitato in tandem, per delega e per procura, da "tecnico", una genia dittatoriale, che ha aperto la strada ad un costume di soggezione e conformismo antidemocratico, simile a quello che vige negli uffici, come nei consigli di amministrazione delle società private, con l'aggravante che, nel nostro caso, si tratta di una procedura fallimentare. Infatti, l'insuccesso che ci caratterizza, sia che applichiamo una ricetta spendacciona e clientelare, sia che facciamo fare sacrifici alla nazione lavoratrice, si conferma,invariabilemnte, una conseguenza dei palliativi con degli esiti fallimentari. Si vende quindi, nelle celebrazioni, un'immagine minimalista ostentata e si sorvola, in vita e in morte, su ogni impegnativa analisi sugli atti compiuti e sull'ambiente che li ha resi possibili, demandandone le ricadute negative, anche interpretative, su noi destinatari di una politica esogena e non condivisa. L'attuale Presidente, Mattarella viene da un passaggio nella vita parlamentare: era deputato quandò elaborò una legge di suffragfio gattopardesca - il Mattarellum - che lasciò intatti gli equilibri fra i poteri reali e le sue rappresentanze partitiche. Per questo, subito dopo, passò alla Corte costituzionale a difendere taluni aspetti, anche a lui riferibii, dell'indigeno legiferare successivo. Da lì, dopo il bi-mandato dell'ultimo dei realisti comunisti, è stato ripescato per garantire, fra prolungati silenzi e calibratissimi discorsi, l'apparenza degli equilibri, come si conviene ad un cattolico-rotaryano di sinistra. Tutti, però, Ciampi in maniera smaccata, altri in forme più mimetiche, scaturiscono dalle zone umbratili del potere legislativo, di controllo e di garanzia, secondo il percorso e le triaettorie di una gimkana. Ma chi non viene dalla politica elettiva, con tutti i suoi difetti e possibilità degenerative, non può impersonare un'azione democratica sincera. Diceva Cesare Pavese: " dire di voler andare verso il popolo, è già indice di cattiva coscienza. Si è già popolo."

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