lunedì 12 settembre 2016

Il buon padrone non esiste. Se non fosse stato uno stronzo sarebbe stato un proletario.

Incassate le esenzioni contributive, le imprese hanno smesso di assumere e hanno cominciato a licenziare senza motivo, per evitare che le tutele si facessero crescenti. Che poteva avvenire di diverso nella logica volgare del profitto? Messo nella condizione di colpire a discrezione ed a man salva, il padronato non si è certo bloccato sul limitare degli scrupoli morali, che sono stati venduti al popolo lavoratore-precario, dato che le remore morali si presumono solo nei confronti, in offertorio di speranza, dei più svantaggiati. Poi, come le aspettative di borsa e della redditività dei fondi, saranno deluse e sconsiderate con un sospiro. Crolla, come a seguito di "imprevedibili" movimenti tellurici, l'aspettativa del versante minore, quello lavorativo, di essere una merce affidabile, in grado di farsi mantenere a vita, anche in pensione, sull'angiporto di Caronte, coinciderà, per l'erario, con l'inumazione a spese delle famiglie. Il guaio è, per il bambolotto di Rignano, che "l'apparir del vero" non segue la scalettatura temporale che lui avrebbe voluto conferirgli. i benefici agli imprenditori - in realtà solo bassi speculatori di convenienza e conventicola - non si sono tradotti, neanche illusoriamente, cioè per una certa durata, in stabilità schiavistica: le maestranze sono state presto rimesse in libertà e l'estemporanea occasionalità dell'impiego sta diventando una rapida stratificazione in basso di chi deve mantenersi e può offrire, per farlo, solo il proprio lavoro. Le competenze accademiche, sempre più diffuse, sviliscono nell'inutilità commerciale e sono pagate poco e poco a lungo. Per un riflesso condizionato, riveniente da epoche passate, si affannano sulle telescriventi dei sindacati, che provvedono agli esodi,ai reintegri infraregionali e al welfare fornito e gestito economicamente delle aziende, i fuggiaschi dell'ultima ora che, avendo subito per decenni le angherie del privilegio e del potere, non si sono affrancati dal desiderio infantile di fuggire fuori, a loro spese, indebitandosi, verso un brodino, una panchina e senza i risparmi necessari a provvedere ai primi e poi ai crescenti acciacchi, dato che l'assistenza sanitaria pubblica si fa sempre più massiva e spicciativa. La nuova ragione sociale dei tribunati della plebe assomiglia embrionalmente a quei sindacati nord americani che, dopo aver amministrato portuali e camionisti, ora cogestiscono i fondi pensione a prestazione borsistica. Dal fronte del porto a Jimmy Hoffa con i suoi camionisti, tutto ha un sentore di mafia in senso etimologico, s'intende. Nonostante questo, la giovane età, la remota inconsapevolezza di un destino programmato, che si spera, con ottimismo vitalistico, di superare miracolisticamente in pochi anni, si ripetono i riti delle generazioni passate nella riserva: famiglia, procreazione, vacanze al mare e poi ai monti. Fra poco sarà difficile continuare ad assicurarseli, fino a che la famiglia tradizionale, base economica statica, si sgretolerà, almeno in parte. L'utile latita, il lavoro non serve, anzi, sta diventando un argomento pretestuoso, le casse previdenziali si impoveriscono per chi dovrebbe cominciare ad usufruirne. Il resto sono frottole. Il calo del reddito, senza un modello tayloristico o fordista, anzi, senza proprio unità produttive che non si siano, di nuovo, ridotte ad officine, riporta indietro di tre generazioni lo status delle classi popolari, che non più organizzate in un rigido apparato, senza una coscienza di classe, declinano e si disperdono in un ribellismo romanticamente anarchico e si appartano nelle ridotte degli esclusi.

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