domenica 25 settembre 2016

Charlie Hebdo si è replicato in Giordania.

Charlie Hebdo si è replicato ad Amman, in Giordania, davanti al suo tribunlae civile, nel quale stava per entrare, accusato di vilipendio della religione, un intellettuale di quel Paese che era stato accusato di vilipendio della religione. Non ce ne è stato bisogna, perché ha provveduto un uomo armato che lo ha ucciso, sulla soglia, con tre colpi ben assestati. Intendiamoci, non è l'unico caso: le faide calabresi sono ancora attive, il presunto omicida di John Kennedy, Jack Ruby, fu ucciso in diretta televisiva, da un ambiguo personaggio che non gli soparvvisse neanche un mese, però l'intolleranza religiosa ( anche in Italia, fino a quarant'anni fa era previsto il reato di vilipendio alla religione di Stato e prevedeva il carcere, era reato penale la blasfemia e i preti godevano ancora di un filtro censorio all'incriticabilità del loro operato o della dottrina ecclesiastica ) si è sostituita agli strumenti di una giustizia ancorata a previsioni politiche ( perché si tratta di giurisdizione civile, applicata al contesto ) , in mabiti adatti, "conferma" il suo diritto alla preminenza sul diritto ( presunzione e volontà di preminenza presente in tutte le religioni, anche quelle arcaiche, intime e personali ). L'assassinato è stato uno scrittore giordano di etnia cristiana, Nahed Attar, non solo e non tanto per la sua privata posizione laica sull'islamismo dell'Isis, quanto per avere messo in Rete una sua vignetta, che aveva provocato il placcaggio legale e il sacrificio- eliminazione rituale dei fedeli del culto di se stessi. La caricatura rappresentava il Capo degli estremisti in armi ( ma,a quanto pare, all'occorrenza, sono tutti in grado di armarsi ) a letto con due belle donne, all'interno di una lussuosa tenda. Si affaccia Allah, lo omaggia e si offre di servirlo. Si, Signore, mi porti un bicchiere di vino e chieda all'Arcangelo Gabriele di portarmi qualcosa da sgranocchiare, La prossima volta, si ricordi di bussare, anzi, allo scopo metta una porta davanti alla tenda per annunciarsi. L'imputazione laica ha riguardato l'espressione scelta per apostrofare Allah ed è tutta interna alla cultura islamica, così come nell'antico Israele era proibito nominare Dio, in qualunque forma e modo, tranne che a cura del Rabbino capo, una volta all'anno. L'imputazione si concentrava su un'espressione usata nel testo della vignetta: Sua beatitudine ( espressione rivolta a Dio dal felice, paradisiaco Jhiadista ) anziché, come previsto dalla ritualità religiosa, Gloria. Ebbene, questa variante, introdotta a fini di satira che mi sfuggono, anche se mitigano la glorificazione della forza,dato che in quel contesto non appariva ), ha fatto scattare l'accusa id blasfemia. Insomma, un manicomio, portato a conseguenze omicide, ma non dissimile da ogni ritualità irrazionale addotta per cementare un sodalizio, i chiamati ad un'impresa - casomai di continuo - nel quale anche le parole, che pur non hanno un significato, hanno uno scopo. E' la stessa retorica che si usa nelle caserme, nelle società sportive, nelle "moderne" imprese commerciali, di vendita di qualcosa, tanto indeterminato, quanto imprescindibile.

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