mercoledì 31 luglio 2013

L'ultima soperchieria.

Bradley Manning rischia l'estinzione in carcere per aver rivelato al mondo di che cosa consistano, nel costume quotidiano sul campo, le guerre al terrorismo del suo paese. Il ventiduenne soldato è comparso davanti alla Corte marziale dopo undici mesi di detenzione, nella condizione di prigioniero di guerra o quasi, cioè come i detenuti di Guantanamo, a Cuba. Sull'isola dei caraibi, gli statunitensi tengono una base e ora anche un campo di concentramento, pagando un regolare affitto al Governo di Raul Castro. La località, turisticamente amena, ispiratrice del celeberrimo Guantanamera, è popolata, all'interno della riserva militare, da tanti soldatini che vi vivono reclusi e vengono avvicendati ogni sei mesi. Sei mesi di abbrutimento, comunque. I cubani delle vicinanze li definiscono dei bravi ragazzi. Sono reclute diciannovenni e ventenni, come Manning, ancora intrisi dei principi evangelici delle tante concezioni morali e religiose di cui si compone l'america del nord; non hanno ancora capito che a loro si chiede obbedienza cieca e fedeltà alla consegna, o se lo hanno capito, continuano a coniugarle con l'etica coscienziale del protestantesimo. Non sono particolarmente istruiti, nè critici, provengono da famiglie modeste o di piccola borghesia. Fra questi ultimi si annovera Bradley Manning. Costui, senza cercare di farsi pagare in cambio del suo spionaggio, senza cercarne lucro alcuno, ha ritenuto che le vili e brutali azioni, come sparare su assembramenti di cittadini iracheni intenti in conversazione o urinare sui cadaveri di persone appena uccise, o, infine, condurre raid punitivi contro la popolazione civile, dopo essere stati attaccati da armati del Paese che avevano invaso, fossero realtà da far conoscere, da diffondere in Rete. Aveva inizialmente cercato un contatto con i due principali quotidiani statunitensi, che avevano lasciato cadere le sue documentate denunce. Ha contattato, a mezzo Rete, Julian Assange e le sue denunce, le sue cassette registrate hanno fatto il giro del mondo e, solo allora, sono state riprese dai quotidiani. Il sistema di monitoraggio dei singoli atti compiuti in zone nevralgiche e in ambienti delicati, ha impiegato poco ad individuare il propalatore, mentre non si è mai curato di conoscere gli abusi e gli atti criminali che ogni giorno vengono compiuti sui cittadini inermi e non di un paese invaso ed occupato. Il Sinedrio militare, dopo undici mesi di sevizie morali e probabilmente materiali, ha ripresentato il ragazzo, in brevi istantanee del processo. Il giovanissimo idealista è riuscito a sopravvivere e a mantenere un aspetto, un'apparenza di vigore e franchezza. E' cresciuto e si è irrobustito moralmente, tutto in una volta, di una robustezza che aveva già ingenuamente dimostrato di possedere in potenza. Le sue denunce, i suoi video sono sostanzialmente innocui, non espongono né le truppe, né il suo paese a rischi concreti. Quanto alla reputazione era già persa, ma non ancora documentata. Per questo, come una divinità offesa, o meglio come una Coorte di sacerdoti vendicatori, si è istruito un processo monstre, composto di ventidue capi di imputazione, per farlo invecchiare e spegnere in carcere, perché i misfatti di un esercito di mestiere possano rimanere nascosti sotto la retorica ufficiale e il megafono dei media. Troppe sono ancora le soperchierie da perpetrarsi per il mondo perché si possa ammettere che un soldatino, un ragazzo possa fare appello alla sua coscienza, per poi, soprattutto, ascoltarla.

Nessun commento:

Posta un commento

Sono graditi i tuoi commenti